Prima Parte.

Come dovrebbe essere fatta allora un’adeguata valutazione dell’idoneità di guida?

Gli strumenti di valutazione utilizzati devono essere in grado di approfondire nello specifico i domini cognitivi (deficit attentivi e visuo-spaziali) che si sono dimostrati essere predittivi degli errori alla guida negli anziani con demenza (Yamin et al., 2015). Bisogna, inoltre, tener conto della difficoltà della persona nel recuperare le informazioni ricavate dall’ambiente (deficit di memoria) e a mettere in atto risposte complesse (deficit a carico delle funzioni esecutive) (Duchek et al., 2003, Brown et al., 2005, Perkinson  et al., 2005). Ma tutto ciò non basta!

 Ogni persona è dotata di un’immensa complessità, che non riguarda certamente le sole abilità cognitive. Una valutazione adeguata non può non tener conto anche delle relazioni significative per la persona malata, dei sui problemi fisici, della possibilità o meno di utilizzare modalità di trasporto alternative e, cosa fondamentale, dell’importanza che per la persona riveste la possibilità di guidare, nei limiti della sicurezza propria ed altrui.

Proviamo ad entrare nei panni di un anziano con Alzheimer a cui ad un certo punto, a causa della sua malattia (magari in una fase iniziale), viene comunicato di non poter più guidare:

“Ho avuto la patente per circa 40 anni e a pensarci bene, tanti avvenimenti importanti della mia vita forse non si sarebbero svolti allo stesso modo se non avessi avuto la mia autonomia. Passano gli anni, i km si moltiplicano e diventa davvero un’abitudine salire ogni giorno sulla tua auto. Lo fai e basta. Non pensi a cosa potrebbe voler dire un giorno trovare altre soluzioni per muoverti. Con la malattia, quel giorno è arrivato più in fretta di quanto potessi immaginare. Non sono più libero di andare dove voglio e l’idea di dover pesare sui miei figli e di dipendere da loro mi fa stare male. A volte penso che forse sia il caso di smettere di fare certe cose e di fare il minimo ed indispensabile. Il mio tempo è passato ormai. Sono inutile. Non riesco a fare più niente da solo”.

In situazioni come questa, al di là delle limitazioni sulla propria autonomia, la persona può vivere una diminuzione della soddisfazione di vita e sentirsi inadeguata. Disturbi dell’umore, in particolare depressione, non sono infrequenti. Può capitare, inoltre, che la persona con demenza neghi la propria difficoltà di guida e non riconosca il reale pericolo, provocando forti tensioni con chi se ne prende cura. La presenza di un coniuge o di una persona vicina che propone la propria disponibilità a guidare, non sembra attenuare il forte impatto emotivo causato dal ritiro della patente (Stearns, Sussman, e Skinner, 2004).

 Quando le persone con demenza smettono di guidare, dipendono spesso dai propri parenti, soprattutto per soddisfare le frequenti necessità sanitarie. Solo una percentuale molto piccola utilizza, infatti, i mezzi pubblici (Adler et al., 2006). Inoltre, può accadere che all’interno della famiglia non ci siano altri drivers e che, di conseguenza, la persona con demenza non sia l’unica a perdere la possibilità di spostarsi. Insomma, un intero equilibrio che viene messo a dura a prova! Trasformare, pertanto, questa delicata fase di transizione in una possibilità di cambiamento di stile di vita e di gestione delle risorse presenti per la persona con Alzheimer, per chi se ne prende cura e per la società tutta, potrebbe essere un ottimo punto di arrivo.

 

Bibliografia:

– Adler, G., Rottunda, S., Christensen, K., Kuskowski, M.A., Thuras, P. (2006): Driving safe: development of a knowledge test for drivers with dementia. Dementia, 5(2), 213–222.

Brown, L.B., Ott, B.R., Papandonatos ,G.D., Sui ,Y.M.S., Ready, R.E., Morris, J.C. (2005): Prediction of on-road driving performance in patients with early Alzheimer’s disease. Journal of the American Geriatrics Society, 53(1), 94–98.

– Cox, D.J., Quillian, W.C., Thorndike, F.P., Kovatchev, B.P., Hanna, G. (1998): Evaluating driving performance of outpatient with Alzheimer disease. J Am Board Fam Pract, 11(4), 264-271.

Duchek, J.M., Carr, D.B., Hunt, L., Roe, C.M., Xiong, C.J., Shah, K., Morris, J.C. (2003): Longitudinal driving performance in early stage dementia of the Alzheimer type. Journal of the American Geriatrics Society, 51(10), 1342–1347.

Perkinson, M.A., Berg-Weger, M.L., Carr, D.B., Meuser, T.M.,Palmer ,J.L., Buckles, V.D., Powlishta, K.K., Foley, D.J., Morris,J.C. (2005): Driving and dementia of the Alzheimer type: beliefsand cessation strategies among stakeholders. Gerontologist, 45(5),676–685.

Stearns, M. D., Sussman, D., and Skinner, D. (2004): Quantifying the relationships: Aging, driving cessation, health and costs: A project memorandum PowerPoint presentation. Cambridge, MA: John A. Volpe National TransportationSystems Center, Research and Special Programs Administration, U.S. Departmentof Transportation

– Yamin,S., Stinchcombe, A., Gagnon,S. (2015): Deficits in Attention and Visual Processing but not Global Cognition Predict Simulated Driving Errors in Drivers Diagnosed With Mild Alzheimer’s Disease. Am J Alzheimers Dis Other Demen, 31(4), 351-60 .

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