Il termine transfert fu coniato da Freud ma nel corso della storia del pensiero psicodinamico è stato rivisto e ampliato fino ad inglobare ulteriori aspetti oltre alla dimensione ripetitiva. Ad esempio, i teorici delle relazioni oggettuali hanno esteso il concetto di transfert a quello di identificazione proiettiva.

Nell’identificazione proiettiva il paziente proietta sulla persona del terapeuta o una parte del Sé o una parte dell’Oggetto (cioè una rappresentazione di una relazione vissuta). Il paziente si comporterà in modo da esercitare una pressione interpersonale sul terapeuta, inducendolo ad assumere caratteristiche e comportamenti conformi alla rappresentazione proiettata.

Se non la riconosciamo, la pressione interpersonale che riceviamo durante una identificazione proiettiva può portarci ad assumere il comportamento desiderato dall’altra persona. Spesso, in questo filtra velatamente molta emotività anche se essa viene negata o non riconosciuta. Potremmo ad esempio sentire che l’altra persona ci provoca ansia, irritazione, rabbia, desiderio di accudimento, eccitazione sessuale ecc. e queste emozioni ci potrebbero portare ad agire in conformità alle sue aspettative, ad esempio irritandoci, allontanandoci da lei oppure approcciandola con desiderio.

Torniamo al caso descritto all’inizio. È probabile che Marta abbia inconsciamente disconosciuto una parte di Sé o un proprio oggetto cattivo, ad esempio la relazione intrusiva di manipolazione vissuta con una figura significativa durante l’infanzia. Si tratta probabilmente di una persona amata, ad esempio la madre. Questo non significherebbe che la madre di Marta sia stata una persona spregevole, quanto piuttosto che Marta, nella relazione con lei, abbia sviluppato in qualche momento anche il sentimento di essere manipolata e controllata. Infondo, ogni genitore vorrebbe poter controllare almeno in parte i propri figli.

Tuttavia, il riconoscimento delle caratteristiche negative delle persone che amiamo è spesso troppo doloroso per noi e genera un conflitto con i sentimenti di amore. Pertanto Marta, dopo che questi antichi sentimenti sono stati riattivati, ha sentito il bisogno di espellerli proiettandoli nell’analista. Così Marta inizia a comportarsi come una preda che sfugge a chi vuole braccarla: mette sul piatto un argomento ovviamente molto importante per la terapia, le suo curiosità omosessuali, ma si ritira dal confronto, rifuggendo l’analista e cercando di far cadere la questione.

La terapeuta, dal canto suo, vuole aiutare Marta ad esplorare l’argomento perché convinta che questo sarà benefico per lei e così la insegue e la incalza. Senza volerlo però, l’analista finisce a ricoprire il ruolo di quella vecchia figura intrusiva del passato di Marta.

Quando il terapeuta vive e riconosce la proiezione può elaborare questi sentimenti e restituirli al paziente modificati in modo che siano per lui/lei più tollerabili. Di fatto, però, questo complesso processo accade solo nella terapia. Quando l’identificazione proiettiva si verifica in un contesto non terapeutico, queste proiezioni possono venire restituite in una forma distorta oppure restare senza elaborazione e contenimento da parte di qualcuno e formare un doloroso groppo in gola.

Riuscite a pensare ad una situazione in cui, senza che l’abbiate voluto e senza rendervene conto, siete stati spinti a comportamenti che non volevate dalla pressione interpersonale di qualcuno, ad esempio a difendendo una posizione in cui non credevate in un dibattito?

La psicologia del Sé ha riscontrato che se il bambino non vive un dato insieme di esperienze empatiche con le persone che si prendono cura di lui, il suo Sé non riesce a svilupparsi adeguatamente e rimane in uno stato deficitario. Queste esperienze comprendono l’approvazione e la validazione del bambino da parte dell’adulto, la possibilità per il bambino di avere un modello da idealizzare ed anche quella di sentirsi al pari dell’adulto.

Il transfert verso il terapeuta può così assumere la forma di transfert da oggetto-Sé, in cui il paziente richiede implicitamente (inconsciamente) al terapeuta di comportarsi in modo da fornirgli quell’esperienza mancata che possa permette al Sè del paziente di riprendere il suo sviluppo.

La prospettiva costruttivista sottolinea però che il transfert viene attivato almeno in parte dalle reali caratteristiche della persona che abbiamo davanti. Alcune caratteristiche personali o somatiche possono essere particolarmente evocative, ad esempio l’età, il modo di fare o di vestire, il suono della voce, un volto barbuto ecc. Risulta così che attiveremo più facilmente dei transfert di tipo materno (in cui vediamo nell’altro nostra madre) con una donna ed una e uno di tipo paterno con un uomo, specie se più grandi di noi e con un ruolo in qualche modo riconducibile all”autorità. Con persone ritenute “alla pari”, amici o colleghi di lavoro, è più probabile che si riattivino antichi conflitti fraterni non risolti. Nel transfert alcuni elementi della realtà contingente vengono conservati.

L’esistenza del transfert è riconosciuta da orientamenti psicologici diversi rispetto alla psicoanalisi che però differiscono per l’uso che ne fanno in terapia. Nella psicoterapia psicodinamica, il transfert è molto utile poiché informa il terapeuta sulla qualità delle precoci relazioni del paziente ma in contesti non clinici esso tende a passare inosservato, se non si ha prima imparato a riconoscerlo.

Quando però siamo allenati ad ascoltare l’inconscio, cosa che non può avvenire se non con una psicoterapia psicodinamica, possiamo riconoscere che quello che abbiamo appena provato non è davvero coerente con quanto accaduto: qualcosa non ci convince e un sottile sospetto si insinua nella mente, aiutandoci a ricondurre le emozioni di transfert ad una antica relazione familiare.

Se siamo in grado di ascoltarlo, il nostro inconscio è estremamente adattivo e quando incontriamo certi elementi della realtà coglie l’occasione per ricordarci i nostri punti deboli dicendoci: “guarda che questa cosa non l’hai ancora superata e non ti permette di essere davvero adulto”  oppure “guarda che ti è mancata questa esperienza fondamentale ed ora la cerchi negli altri”.

Riuscite a pensare quali esperienze di transfert avete vissute senza rendervene conto?

 

Per approfondire:

  • Silvio Stella. Psicologia dinamica. Analisi di «Parole chiave» e di alcuni classici casi clinici. Guerini e Associati, 2000.
  • Glen O. Gabbard. Introduzione alla psicoterapia psicodinamica, Raffaello Cortina Editore 2011.

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