Si avvicina l’autunno e l’inverno e con essi i primi malanni di stagione, dal semplice raffreddore all’incubo di tutti, dal bambino all’anziano: il virus intestinale (che poi tanto stagionale non è perché sembra resistere 365 giorni all’anno). Vorrei farvi riflettere, cari lettori di Cultura Emotiva, sul rapporto che l’uomo medio ha nei confronti della malattia e di chi si dovrebbe occupare della prevenzione e cura di essa, il medico.

Secondo il Rapporto Osservasalute 2016, realizzato dall’Osservatorio Nazionale sulla salute nelle regioni italiane, siamo una popolazione di vecchi bacucchi e acciaccati. Un esercito di malati cronici, oltre 23 milioni e mezzo, che ingurgita quasi due dosi di farmaci a testa. Si sa, l’Italia è un popolo di ipocondriaci, ci collochiamo al terzo posto in Europa, dopo Grecia (27,7%) e Portogallo (24,2%), con la più alta incidenza della spesa pubblica e privata per farmaci.

E, tanto per tenerci sempre aggiornati sulle ultime epidemie in corso, registrano un’altissima audience i programmi televisivi che si occupano di salute, come TG2 Medicina 33 per intenderci, molto utili e interessanti per carità, ma in base al proprio stato psicologico attuale si può credere di essere affetti da tutte le malattie possibili e immaginabili, dalla lebbra all’autismo…

Di solito la popolazione “paziente” Italiana si divide in due grandi categorie: chi ad ogni minimo allarme (naso che cola, mal di testa momentaneo, lieve sbalzo d’umore) decreta il proprio stato di morte imminente e, prima di chiamare il sacerdote per l’estrema unzione, va a consultare il proprio amico medico.

Dai, chi vi fa venire in mente?? Bravi, gli anziani! Come trascorrere ore eterne di buonumore se non andare dal Dottor Shepherd per un piiiccolo consulto, e magari scambiare mezza giornata di chiacchiere con gli altri pazienti in attesa? Consiglio per i medici di famiglia: una fantastica raccolta punti, 1 punto ogni visita effettuata, raggiunti i 100 punti si vince uno scintillante stetoscopio o un apparecchio per misurare la pressione che, a dire la verità, serve sempre.

E poi ci sono loro: “Coosaa?? Ho un medico di famiglia?? E chi è??” Espressione veramente sorpresa, capiscono improvvisamente, in una bella giornata di sole, di essere tutelati dal Sistema Sanitario Nazionale, loro che l’ultimo prelievo certificato l’hanno effettuato durante lo screening neonatale (confesso di far parte di questa categoria, scusate…). Piccolo sondaggino ad alzata di mano, di quale categoria fate parte eh, eeehhh??? Senza paura!

Al di là dello scherzo, le visite mediche periodiche sono davvero utili, a volte si rivelano “salvavita”, perché è in questo modo che si riescono ad identificare indizi di malattie potenzialmente mortali come il cancro, quindi forza! Andate a conoscere la Dottoressa Peluche, effettuate esami periodici, in particolare quelli per la prevenzione dei tumori, e controllate il vostro stato di salute ma con equilibrio, senza ansie.

Il titolo dell’articolo non è casuale, ricorda vagamente una nota canzone di Claudia Mori “Buonasera Dottore”; la conoscete tutti, vi sembrerà una scelta azzardata ma…ascoltatela! Se andate oltre i contenuti molto sensuali del brano, con un po’ di fantasia potrete comprendere come in particolare la scelta e poi l’azione di chiedere aiuto sia intrisa di sentimenti ed emozioni disciplinati, nel bene e nel male e per quanto possibile, dalla professionalità obiettiva e realistica del clinico.

Quel periodo di tempo tra l’attribuzione dell’etichetta di “sintomo di malattia” ad una particolare sensazione e la scelta di rivolgerci ad un medico viene chiamata da Safer (1979) indugio (in Inglese delay, momento di pausa, riflessione consapevole dei pro e dei contro di una decisione spesso gravosa dal punto di vista psicologico), che ne ha elaborato un vero e proprio modello, appunto il Delay Behaviour Model. Vediamo insieme questi momenti di indugio:

“SONO MALATO ?”

Situazione tipo: facciamo una doccia e casualmente notiamo una strana macchiolina sul nostro corpo, che non ricordavamo di possedere. Inconsapevolmente attiviamo una valutation delay: “Non è niente, forse ho sbattuto per caso” evitando di preoccuparci inutilmente, oppure “Strano… questa macchia ha una forma che non mi convince…” facendo sorgere in noi il dubbio.

Di solito, come agiamo successivamente? E via alla ricerca di consigli, informazioni a parenti, amici, al figlio del fruttivendolo cui è successa la stessa identica situazione, e poi il ricorso al caro, inaffidabile web, che ogni volta esce fuori con una confortante prospettiva di morte immediata, così siamo tutti felici e soddisfatti! Siamo praticamente circondati da un vero e proprio sistema di riferimento parallelo a quello sanitario che potrebbe toglierci dall’impasse causata da una situazione corporea imprevista.

“OK SONO MALATO, UUFF…DEVO VEDERE UN MEDICO?”

La nostra affannata ricerca di informazioni ci porta ad una richiesta di consulto medico. Il figlio del fruttivendolo ci ha consigliato di andare da un bravo specialista in dermatologia e noi ci fidiamo. Illness delay sta proprio ad indicare quel tempo di latenza necessario a valutare la malattia, teniamo sotto osservazione la misteriosa macchiolina, se cambia con l’esposizione ai raggi solari, a contatto con l’acqua, utilizzando unguenti e pomate varie, e tenendoci continuamente aggiornati con amici e conoscenti.

“…UUHMM… ‘STA VISITA QUANTO MI VERRA’ A COSTARE ?”

Questo luminare della dermatologia diciamo che si fa pagare abbastanza caro… La fase di utilization delay riguarda proprio il momento di valutazione costi/benefici:

“Luigi mi ha assicurato che questo medico è bravo, ne varrà la pena?” 

“…E se mi rivolgessi ad un altro, magari risparmio…”

“Mi prescriverà farmaci e io non li voglio prendere”

“Porca miseria però, ho paura…e se sia qualcosa di grave?”

“Ok, ok ci vado, basta…”

Eh sì, una volta deciso che quella macchiolina no, non è normale e abbiamo necessariamente bisogno del medico cambia totalmente il nostro assetto emotivo e cognitivo con il quale affrontiamo questo cambiamento nel nostro stato di salute. Infatti mentre prima la nostra attenzione andava ai segni evidenti (la forma, il colore) e ai sintomi percepiti, ora cerchiamo di organizzare una sorta di “cartella medica mentale” con tutte le informazioni che abbiamo raccolto (compresa l’opinione del cugino di secondo grado) che consegneremo simbolicamente al luminare dermatologo.

Dati obiettivi, conoscenze pre-esistenti e di “seconda mano”, i nostri valori sulla salute e sulla malattia si mescolano ad ansie e aspettative nei confronti della consultazione e, soprattutto dell’eventuale esito, modificando la capacità di processare le nuove informazioni in entrata sulla famosa macchiolina. Praticamente arriviamo allo studio del dottore, metaforicamente, come una pentola a pressione pronta ad esplodere, in particolare se il risultato del consulto sarà negativo o particolarmente impegnativo da rilevare.

Cosa ci si aspetta dal medico? Beh dipende… Ci sono pazienti interessati solamente alla diagnosi, ad una certificazione obiettiva e distaccata, spesso anche “brutale” del disturbo di cui soffrono. A loro interessa solo questo, dati chiari e precisi, nessuna smanceria.

Altri pazienti invece ricercano attenzione e una sensibilità particolare, quel di più che rende “materno” il ruolo del clinico, di per sé poco empatico, in grado di dare calore anche ad una comunicazione diagnostica non sempre confortante…

E voi, che stile preferite?

 

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Emanuela Fici
Sono Emanuela Fici, 32 anni, vivo in Sicilia, a Corleone. Laureata nel 2013 in Psicologia clinica dell’arco di vita presso l’Università degli Studi di Palermo, ho seguito un Master in Gestione delle Risorse Umane che mi ha permesso una bella esperienza in ambito “Relazione Cliente” nella GDO. Nel 2015 mi sono abilitata Psicologa. Mi sono occupata di comunità per minori in fase di adozione/affido e MSNA in qualità di Educatore. Ho scritto articoli di ricerca riguardanti adolescenza e maternità in adolescenza per The International Journal of Humanities & Social Studies e Psicologia Clinica dello Sviluppo. Mi sono occupata di Peer Education in collaborazione con le scuole superiori statali e il distretto socio-sanitario del mio paese. Continuo a lavorare per il mio territorio con il Progetto IndipendenteMente, sostenuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e da varie associazioni locali, dedicato a persone con difficoltà psichiche e psichiatriche. Sono inoltre un’Assistente all’autonomia in una scuola dell’infanzia di Palermo. Contatti: emanuelafici@virgilio.it

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