Parte Prima

In quanto esseri umani, o meglio, esseri viventi, tendiamo ad aver bisogno di una sensazione di agency nelle nostre storie. Le cose non sono successe per caso, l’essere umano ha bisogno di credere che esista una correlazione tra il proprio comportamento e l’outcome. Questo fenomeno sembra esistere anche tra gli animali. In uno studio di Skinner (Skinner, 1992) un gruppo di piccioni apprendeva che alla pressione di una leva corrispondeva l’erogazione di cibo.

Quando questa correlazione era smentita, quindi non vi era più una correlazione affidabile tra la pressione della leva e il ricevimento del cibo, gli sperimentatori osservarono con grande stupore come i piccioni diventavano superstiziosi, mettendo in atto comportamenti stereotipati, girando su stessi o sbattendo le ali cercando così di trovare un rapporto causale tra il loro comportamento e l’erogazione del cibo (qui il video: https://www.youtube.com/watch?v=8uPmeWiFTIw). È un modo irrazionale di avere la percezione di mantenere il controllo su una situazione che è oggettivamente non controllabile.

È all’interno di questo genere di circostanze che, a mio parere, s’inserisce la fede, religione, oroscopo, o cartomanzia che sia. Esistono degli aspetti dell’esistenza cui l’essere umano non sa come donare prevedibilità, e ciò contrasta con il profondo bisogno di sentirsi agente negli eventi che lo circondano. Abbandonarsi quindi a una figura, o a un senso più ampio che prescinde dal nostro controllo ma che ha comunque in mente il nostro bene, che è amorevole e benevolo, sembra essere l’unica scelta possibile.

Penso anche che la fede abbia il valore di offrire uno strumento per ovviare ai bias di cui prima che noi tutti in quanto individui abbiamo, alle zone cieche che ogni singolo ha, sebbene in aree diverse. Un sistema etico e morale permette di avere una storia più comprensiva alla quale affidarsi che è probabilmente semplicemente la somma di tutte le parti vedenti di ogni essere umano al netto di quelle cieche.

Un tempo avevamo delle cornici nelle quali inserirci che ci permettessero di avere dei sistemi di credenze condivisi. A oggi, molto meno. La secolarizzazione ha generato una crisi dei sistemi di credenza condivisi in virtù di tutto ciò che è scientificamente provato, e ciò che porta ognuno di noi a sentirsi in difficoltà e a impaurirsi di fronte alla grande e universale angoscia di non sapere quale sia il proprio senso, la propria storia.

La scienza è parzialmente un possibile sistema di credenze al quale aderire, continuamente in cerca di correlazioni collegate da ipotesi che permettano di donare prevedibilità a ciò che ci circonda. Essa è il business di generare storie, o ipotesi, e testarle, e poi fare quanto possibile per crearne di migliori.

“Le persone e la scienza sono come il pane e il burro. Siamo fatti per aver bisogno di storie; e la scienza ha uno story-telling insito nella sua natura” (R. Burton).

Penso che il problema della scienza sia che resta pur sempre un tentativo esplicativo con applicazioni molto limitate, che ancora non si pone il problema di fornirci storie nelle quali credere per quanto riguarda innumerevoli campi di esperienza profondamente umana.

Racconto questa storia perché credo sia importante ricordarci della nostra profonda necessità di credere e appartenere a una trama, o a un insieme di trame, e di crearne una che sia vera per noi. Una storia che sia un canovaccio flessibile e modellabile, pronto ad accogliere e a integrare aspetti dell’esperienza propria e altrui.

Così come una storia eccessivamente rigida può dare luogo a pregiudizi e intolleranze, una storia complessa, qual è l’esperienza umana, oltre ad essere radicata necessità è un profondo strumento di resilienza, convivenza e comprensione, di sé e dell’altro.  Perché tutti abbiamo una storia che merita di essere ascoltata. Prima di tutto da noi stessi.

Bibliografia:

Krieckhaus, E. E., Donahoe, J. W., & Morgan, M. A. (1992). Paranoid schizophrenia may be caused by dopamine hyperactivity of CA1 hippocampus. Biological psychiatry, 31(6), 560-570.

Skinner, B. F. (1992). “Superstition” in the pigeon. Journal of Experimental Psychology: General, 121(3), 273.

http://nautil.us/issue/0/the-story-of-nautilus/where-science-and-story-meet

 

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