Articolo di: ARIANNA COGLIO

 

Sei felice o sei triste?

Forse è meglio chiedere: quanto sei felice? Quanto sei triste?

La nostra società è decisamente più incline a raccontare, spiegare, diffondere e pubblicizzare quei concetti e quegli eventi che più direttamente possono minare l’esistenza dell’uomo.

Sappiamo tutti che i giornali e i mass media dedicano una gran parte di spazio ad eventi spiacevoli, negativi, spaventosi.

Certo, certi eventi vengono diffusi per allertare i cittadini a stare attenti a questioni di sicurezza importanti, a livello locale, nazionale ed internazionale.

Delle volte invece, sembra che si sia più capaci di parlare di eventi di paura, di malvagità, del dolore e delle malattie, di ciò che “non va come dovrebbe andare” piuttosto di parlare di quello che “finalmente va!”.

Allo stesso modo, la psicologia si è storicamente occupata principalmente della sofferenza, del dolore, delle forme patologiche dell’agire e del pensare umano.

Ciò che “salta all’occhio” come strano, diverso e pericoloso risulta essere centrale, tralasciando nelle lontane periferie le forme positive dell’agire umano, dei costrutti che possono essere interessanti per arricchire le persone ed aumentarne la soddisfazione della vita, sottolineandone la preziosità.

Proviamo a fare un piccolo gioco e cimentiamoci nelle definizioni di rabbia, tradimento, egoismo: “Cosa è per me la rabbia?” “Come potrei spiegare a mio figlio cosa è l’egoismo?” “Cosa si prova quando si viene traditi o si tradisce?”

Bene, avremo sicuramente delle idee…

Facciamo ora un tentativo diverso: “Che definizione dare invece all’umiltà? Alla gratitudine?” “Come descriverei io la compassione? L’empatia?”

Scommetto che molti di voi abbiano trovato maggiore difficoltà nella seconda parte del gioco.

Questo perché? L’uomo si occupa probabilmente prima di quello che è più “vistoso”, più “preoccupante”. La nostra motivazione ed attenzione si focalizzano proprio lì.

Il sintomo psichico, fisico e sociale, si manifestano con lo scopo di ottenere energia, attenzione, segnalando che c’è un percorso da intraprendere, un qualcosa di indigesto da digerire meglio. Un problema da risolvere.

Non per niente la capacità di problem-solving è un domino che viene misurato in molti test neuropsicologici ed è un’abilità fondamentale. È infatti un’abilità che risiede cerebralmente nel lobo frontale, tradizionalmente sede delle funzioni di pensiero superiori, specificatamente sviluppato nell’essere umano.

Nonostante questa attenzione biologica alla risoluzione di quello che non funziona, bisogna anche sottolineare come sia importante alzare e potenziare il positive affect (lo stato emotivo positivo) per non farsi travolgere dagli ostacoli e dalla negatività ed affrontare meglio i problemi.

La tradizionale visione della psicologia sembra sottintendere che lo stato emotivo delle persone si muova lungo un solo filo continuo con due poli: estrema negatività ed estrema gioia. Generalmente le persone hanno un livello medio, che varia occasionalmente un po’ più verso la positività e un po’ verso la negatività o le emozioni spiacevoli, oscillando come un pendolo.

Un recente punto di vista sulla psicologia considera la persona su due continuum: il positive affect ed il negative affect.

Queste due modalità di esperire lo stato d’animo, ovvero lo stato d’animo positivo e quello negativo, possono rispettivamente variare tra alto e basso livello, ma sono sempre compresenti.

Non è necessario dunque concentrarsi sulla risoluzione dello stato d’animo negativo focalizzandosi solo su esso, ma si può trovare un buon bilanciamento con uno stato d’animo positivo per meglio affrontare l’ostacolo.

Ecco che si assiste con la Psicologia Positiva al passaggio da una visione lineare dello stato emotivo che varia da negativo a positivo, ad una visione con due linee parallele compresenti, quella dello stato positivo e quello negativo, con diversi livelli.

Quanto sono triste oggi e quanto sono felice.

Questa consapevolezza permette al soggetto di vedersi sotto tantissime sfumature diverse e di non considerare il proprio stato emotivo come bianco o nero, ma di ammettere le sfumature di colore che insieme ci rendono vivi ed equilibrati.

Esempio: Possiamo essere entusiasti per il nostro nuovo abbonamento in palestra e terribilmente scocciati con il professore che ci ha dato un voto basso all’esame. Forse, senza quel simpatico abbonamento in palestra, il nostro umore sarebbe stato basso e ci saremmo sentiti arrabbiati, delusi, compressi, incompresi e spazientiti fino a sera.

È necessario pensare alla nostra vita emotiva lungo DUE CONTINUUM, poiché questo può davvero aiutarci ad alzare le nostre speranze in un momento “no”, a trovare sollievo quando stiamo male. Non siamo o bianchi o neri. Di che grigio siamo?

Questa concezione evidenza e richiama la filosofia orientale del Tao: esiste lo Yin ed esiste lo Yang. Tutti e due sono presenti e tutti e due sono fondamentali.

L’incoraggiamento è pensare alla psicologia non solo come una disciplina dedicata alle patologie o alle situazioni difficili, ma anche ad un modo per potenziarsi il più possibile, per far si che il nostro positive affect sia spesso alto, in modo tale da non farsi travolgere troppo quando le emozioni negative aumentano.

 

Bibliografia

Appunti tratti dalla lezione “Intro to Positive Psychology” del Professor Cameron Gordon, Giugno 2016, University of North Carolina, Wilmington (USA).

Seligman, M., Steen, T., Park, N., & Peterson, C. (2005). Positive psychology process: Empirical validation of interventions. American Psychologist, 60, 410–421.

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