Asessualità

Articolo di: FEDERICA PARENTI

Negli ultimi decenni, nell’ambito scientifico, i sessuologi hanno cominciato a interessarsi di un fenomeno decisamente in controtendenza rispetto al sapere comune fin’ora a disposizione: sto parlando dell’asessualità e di quella minoranza di persone che si definiscono asessuali.

L’asessualità non va intesa come un fenomeno recente poiché già presente negli anni 50 del 900, ed è solo ultimamente che ha iniziato a divulgarsi come “novità”. Di conseguenza le odierne ricerche sono molto “acerbe”, condotte per lo più da singoli ricercatori, e i dati a nostra disposizione ancora incompleti e insufficienti per poter fornire una panoramica chiara di un fenomeno così complesso.

Nonostante ciò, le ipotesi di base hanno delle buone fondamenta, in quanto per vagliarle stati usati alcuni degli strumenti di valutazione più famosi nel campo sessuologico, come la SAI (Sexual Arousability Inventory)  e la SHQ-R (Clarke Sex History Questionnaire – Revised).

L’asessualità, in linea di massima, può essere definita come una persistente mancanza di attrazione sessuale; i soggetti che si definiscono asessuali, infatti, non trovano gli altri sessualmente attraenti.

Esistono però anche varie tipologie di asessuali, come ad esempio i “demisessuali” che provano attrazione sessuale solo verso persone con le quali hanno formato un legame più forte, spesso romantico, e gli “aromantici”, ovvero coloro che non hanno nessun tipo di attrazione, né erotica e né romantica. e non sono quindi interessati ad avere una relazione.

Infine vale anche nel loro caso la preferenza per un orientamento piuttosto che per un altro, per cui ci possono essere asessuali etero, omo e persino bisessuali e pansessuali.

Alcuni modelli psicologici, il primo dei quali è stato formulato nel 2006 da Bogaert, docente e ricercatore della Brock University (di St. Catharines, Ontario, Canada), considerano l’asessualità come una quarta categoria di orientamento sessuale, distinguendola da eterosessualità, omosessualità e bisessualità, mentre altri dopo di lui, l’hanno definita come una mancanza di orientamento sessuale dal momento che la libido non è indirizzata a un’altra persona e non è ben chiaro verso cos’altro venga orientata.

Tali differenti ipotesi sono state formulate anche a causa dei soggetti che hanno partecipato alle varie ricerche, i quali non hanno saputo fornire precise risposte sulla loro identità asessuale. Questo ci dovrebbe far riflettere su quanto sia difficile per queste persone orientare se stesse data la propria condizione.

Spesso, infatti, si dichiarano confuse e intimorite dai possibili giudizi affibbiati loro da chi aderisce al modello culturale ipersessualizzato oggi vigente, facendole sentire inadeguate e frequentemente impaurite di non riuscire a comprendere e ad accettare la loro realtà.

Quella “fetta” di studiosi che considera l’asessualità come uno degli orientamenti sessuali, afferma che questa confusione può essere risolta distinguendo l’attrazione in “sessuale” e in “romantica”, senza considerare quella asessuale come una singola realtà omogenea.

Si potrebbe affermare allora che l’orientamento sessuale non sia identificabile esclusivamente attraverso l’attrazione e il desidero sessuale, ma esisterebbe una sorta di trasporto romantico che verrebbe orientato verso un altro individuo.

Personalmente sostengo molto questa ipotesi: mi sembra infatti riduttivo pensare che l’attrazione possa essere determinata unicamente dalla propulsione sessuale, data anche la presenza di diversi e molteplici motivi grazie ai quali è possibile sentirsi coinvolti amorosamente.

L’attrazione “romantica”, completamente estranea a qualsiasi obiettivo erotico, si manifesta col desiderio di avere con l’altro momenti di complicità e di scambio affettivo, che si limitano a baci, carezze, coccole, comprensione e dialogo.

Nonostante questo, alcuni asessuali sostengono di non avere nessuna difficoltà nel cimentarsi in rapporti sessuali, ma di provare per il sesso un’ interesse scarso o addirittura nullo.

In molti addirittura affermano di praticare l’autoerotismo, che per gli asessuali diventa anaerotico cioè privo di fantasie sessuali. Essi quindi, in genere, affrontano l’argomento “sesso” liberamente non vivendolo come un tabù e la loro non è assolutamente una scelta di tipo etico, come nel caso di chi opta per la castità, ma semplicemente un modo di essere.

Eppure c’è chi ha difficoltà ad ammettere di non provare attrazione e desidero sessuale, vivendo questo tratto di personalità come una manchevolezza.

Il sesso, si dice sempre, è fondamentale in un rapporto, tiene viva la coppia, dona benessere fisico, mentale e interiore; ma se non fosse per tutti così? E se per qualcuno il vero benessere fosse l’opposto? Ciò non significherebbe essere “pazzi” ma piuttosto diversi.

Vorrei spendere altre due parole su un punto per me molto importante. Di frequente accade che l’asessualità sia vista come un disturbo patologico legato soprattutto al desidero sessuale. Ma di una cosa, gli studiosi e ricercatori, sono sicuri: l’asessualità non è un disordine psicologico. Come confermano alcune ricerche, chi si dichiara asessuale non ha alcun tipo di problema psichiatrico o fisico e nessuna disabilità.

E non si tratterebbe neanche di disfunzioni sessuali, dato che altri studi risalenti al 2010 hanno dimostrato che i soggetti asessuali maschili sono in grado di avere un erezione, e le donne una buona lubrificazione vaginale. Inoltre, per concludere, l’asessualità non è associata coi disturbi del desidero, come ha confermato il ricercatore Brotto nel 2015.

E vi dirò di più: nelle sue precedenti versioni il DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali redatto dall’American Psychiatric Association , APA) contava anche l’asessualità tra l’elenco delle patologie.

Negli ultimi anni, invece, con la pubblicazione del DSM-5 avviene la svolta, l’asessualità non è più considerata una patologia e viene definitivamente tolta dal manuale. Questa “novità” dovrebbe essere una prova di valore per tutte quelle persone che ancora pensano che gli asessuali abbiamo un disturbo patologico.

Quando in sessuologia si va ad indagare in un paziente la sfera del piacere/desiderio vengono incluse molte variabili e non solo il sesso di per sé. La sfera del piacere di una persona è composta in primis dal sesso, naturalmente, ma anche di tutti quegli aspetti che hanno a che fare con le passioni, con gli hobby, con le attitudini in generale di una persona.

Negli asessuali il desidero c’è ma non è strettamente collegato e rivolto al sesso con il partner; ed è espresso sotto forma di “affetto”, o alternativamente è diretto verso quelle che sono le passioni e gli hobby.

Ora, ciò non toglie che anche una persona asessuale possa soffrire di alcune patologie, come può capitare a qualsiasi individuo, ma questa non dev’essere la loro definizione di default.

A tal proposito, ho trovato molto bella l’affermazione scritta da una ragazza asessuale, nel loro forum ufficiale: l’AVEN. Essa cita: << Io sto benissimo nella mia asessualità, c’è chi potrà giudicarla  “non pura” o meno, ma a me sta bene così. E perciò io sono “sessuale” checché se ne dica>>.

Cosa provate ora?

 

Bibliografia

Boccadoro, L.; Capodieci, S. (2012). “Fondamenti di sessuologia”

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