Aprì la cartella e lessi la diagnosi: Disturbo Borderline di Personalità (BPD) e Disturbo Antisociale di Personalità (APD). Era un mese che frequentavo il carcere (come tirocinante eh!) e avevo già preso visione di numerose cartelle penitenziarie di diversi detenuti.

In questa in particolare vi era descritta una storia decisamente movimentata e complessa che, ahimè, non è finita bene e che non mi è permesso raccontare.

All’inizio non mi era parso nulla di strano che venisse espressa questa combinazione di patologie; in effetti è risaputo che soggetti affetti da disturbo borderline siano sovente inclini a non rispettare le norme e, soprattutto se si tratta di casi gravi, a commettere reati e azioni violente.

Eppure, leggendo e rileggendo, mi sono imbattuto in un testo molto interessante nel quale vengono evidenziate le differenze tra pazienti borderline che commettono comportamenti antisociali e persone con Disturbo Antisociale di Personalità: Le comunità terapeutiche. Psicotici, Borderline, adolescenti, minori (Ferruti, Foresti & Vigorelli; 2012).

Mi rendo conto che per chi non fosse familiare con queste due diagnosi l’articolo potrebbe apparire alquanto tecnico. Per chi desiderasse informarsi rimando ai seguenti approfondimenti sul disturbo borderline e antisociale di personalità.

Per iniziare a capire cos’è il disturbo borderline di personalità guardatevi il film “La pazza gioia”, mentre per quanto concerne il disturbo antisociale potete optare per la serie “Gomorra”.

Andando quindi al sodo, il primo ad aver delineato la distinzione di cui sopra è stato Glen O. Gabbard (1983), secondo il quale i Borderline commetterebbero i propri comportamenti criminosi principalmente perché spinti da altri individui oppure poiché in balia di un conflitto intrapsichico (ovvero, banalizzando al massimo, quando dobbiamo scegliere tra più alternative spesso tutte spiacevoli: es. lasciare la persona che amiamo perché ci fa star male e rimanere soli o stare insieme pur continuando a soffrire), il quale suscita emozioni ingestibili in queste persone, oppure ancora perché in preda a pensieri deliranti di natura psicotica.

Come confermano quindi gli psicologi Corulli e Biaggini in uno dei capitoli del libro “Le comunità terapeutiche”, il comportamento antisociale del borderline, più che da fattori di tipo strutturale (ovvero le caratteristiche innate e geneticamente determinate della personalità), sarebbe causato dalla perdita di stabilità e di controllo.

Immaginatevi di provare rabbia, paura o vergogna per qualcosa che vi è stato fatto o che avete fatto ad altri e non riuscire a controllarla. Immaginate di non poter gestire queste emozioni che si fanno sempre più intollerabili e che, ad un certo punto, non potendo più sopportare questa vostra condizione, agiate d’impulso.

A volte potrebbe capitare che vi chiudiate in voi stessi a rimuginare all’infinito su quanto accaduto, mentre altre potreste iniziare un litigio con qualcuno; altre volte ancora potreste procurarvi dei piccoli tagli sulle braccia oppure aggredire qualcuno o compiere un atto criminoso.

Il caos nella vostra testa è così grande che tutto ciò che provate e pensate vi sembra vero, e se è vero tutto ciò che pensiamo allora potete ben immaginarvi quanto sia crudele, meschino e a volte violento il mondo circostante e come potremmo esserlo noi stessi.

Se a tutto questo trambusto interno ci aggiungiamo gli effetti di una qualche sostanza stupefacente, è facile intendere quanto il caos emotivo possa davvero sfociare in azioni impulsive.

Per una piena comprensione del gesto antisociale del borderline bisogna considerare, come afferma Correale (da Ferruti, Foresti & Vigorelli; 2012), che le continue violazioni delle regole “derivano da una messa in discussione delle radici stesse dell’etica, in nome di un’etica ancor più radicale che il borderline tiene viva in fondo a se stesso e che ritiene sempre sistematicamente tradita dall’etica ufficiale”.

Il soggetto borderline, a causa del trauma subito dalle figure genitoriali che avrebbero dovuto accudirlo e che invece hanno sviluppato con esso una relazione fortemente disfunzionale, concepisce qualsiasi regola come una forma di gigantesca ipocrisia.

Le regole sono state impartite da coloro che egli amava, i quali non hanno saputo ricambiare appieno e anzi hanno reagito maltrattandolo. Il conseguente sentimento di insensatezza, il timore di essere nuovamente ingannato e il rancore che il borderline nutre per essere stato ripetutamente tradito gli rendono intollerabili le norme sociali.

Questa suo agire sottende quindi l’implicita richiesta di riceve rassicurazioni a proposito della lealtà delle figure con le quali si relaziona: “prima dimostrami che non sei come quelli che ho conosciuto e poi cederò alle tue regole. Si tratta di aspirare ad una legge non collettiva e legale ma basata sul rapporto umano” (Correale, da Ferruti, Foresti & Vigorelli; 2012).

Per quanto concerne invece gli antisociali, potremmo trovarci di fronte a due tipologie di individui: quelli con disturbo narcisistico a “media gravità” (vedi Bojack Horseman) e il gruppo dei narcisisti gravi e psicopatici (vedi Kevin Spacey in House of Cards).

I primi avrebbero come unico scopo il raggiungimento dei propri obiettivi e la soddisfazione dei propri bisogni, senza curarsi degli effetti che le proprie azioni possono produrre sugli altri.

Di conseguenza questi soggetti creano relazioni all’insegna dello sfruttamento e allacciano legami specialmente con persone che li ammirino, ma sono comunque in grado di provare senso di colpa e di pianificare sufficientemente bene il proprio futuro, benché provino scarsa empatia per gli altri (non riescono a sentire su di sé ciò che provano) e non siano sempre in grado di riconoscere gli stati mentali (pensieri, emozioni, motivazioni, ecc.) propri e altrui retrostanti ad un determinato comportamento.

Il secondo gruppo, invece, include individui la cui vita è letteralmente dedita a “sfruttamento, sopraffazione, parassitarietà e, nei casi più gravi, perversione e/o sadismo” (Corulli & Biaggini, in Ferruta, Foresti & Vigorelli, 2012).

Queste persone non sono in grado di sperimentare attaccamento affettivo nei confronti di nessuno e in contesti di gruppo, come quelli comunitari, sarebbero in grado di assoldare altre persone, tra cui proprio gli individui borderline, per mettere in atto qualche piano criminoso o aggressione.

Nel contesto delle comunità terapeutiche, queste dinamiche potrebbero avvenire senza che l’équipe sia in grado di prevedere l’accaduto, in quanto i narcisisti gravi sono molto abili a sintonizzarsi con i sentimenti degli operatori e a non entrare in conflitto con le figure di potere.

Ecco quindi emergere l’importanza di saper distinguere tra le rotture delle regole e i comportamenti antisociali messi in atto da antisociali e borderline:

i primi attribuiscono poco valore all’etica di base e si identificano completamente con un aspetto distruttore; i borderline, diversamente, compiono questi gesti solo transitoriamente in concomitanza del riattivarsi del trauma e con l’intento di mettere alla prova gli altri e dimostrare che sono tutti traditori e ipocriti.

Ai fini pratici, specialmente nel contesto delle comunità terapeutiche, saper cogliere tutti questi elementi è utile al fine di riuscire a prevenire le “mosse” future di questi individui e quindi poter pianificare interventi più mirati ed efficaci.

Per esempio, la consapevolezza che pazienti psicopatici possano ingaggiare individui borderline in azioni violente contro il gruppo di antisociali a media gravità, potrebbe far propendere per la scelta di non unire questi gruppi tutti insieme o comunque di prendere le dovute precauzioni.

Ci si può anche aspettare che i pazienti della comunità si coalizzino per emarginare e colpevolizzare il soggetto antisociale e che quindi i terapeuti debbano lavorare per far emergere i sentimenti di estrema vulnerabilità e paura e quindi di impotenza e fallimento, che sono alla base della visione scissa (tutto buono o tutto cattivo) con cui è rappresentato il capro espiatorio.

Proprio con i borderline che vedono il mondo e le loro relazioni come totalmente positive o totalmente negative, potersi riconnettere con le emozioni generate dal rapportarsi con un antisociale può favorire moti compassionevoli che possono fungere da fondamenta per la riconnessione delle qualità scisse.

Affrontare, infine, la trasgressione delle regole da parte di un borderline implica interventi di tipo diverso rispetto a quelli da adoperare nei casi di pazienti antisociali.

Con i borderline è necessario mantenere un doppio registro d’intervento “pubblico”, nel quale si richiama al rispetto della regola, e “privato” dove, assieme al terapeuta, si esamina la richiesta di fiducia sottostante.

Con gli antisociali bisogna rispondere alle aggressioni considerando che l’impegno dell’équipe curante possa tradursi, invece che in un funzionale intervento terapeutico, in un rinforzo della soddisfazione e dell’orgoglio per aver avuto tutta l’équipe contro di sé.

In questi casi è utile trasferire temporaneamente il paziente in un’altra unità e non discutere con lui dell’accaduto per tutto questo lasso di tempo, facendogli intendere che non vi sono vantaggia associati alle malcondotte.

Successivamente al rientro dell’individuo nel gruppo è possibile approfondire la faccenda, sviluppando interventi mirati all’accrescimento delle capacità di mentalizzazione.

 

Bibliografia

Ferruta, Foresti & Vigorelli (2012). Le comunità terapeutiche. Psicotici, adolescenti, minori.

2 COMMENTI

  1. Molto, molto interessante. Vorrei capire meglio se lei ritiene comunque che possa esistere il caso di comorbilità tra i due disturbi (es. il caso della cartella clinica che citava). Mi sembrano due disturbi con caratteristiche quasi opposte (sensibilità eccessiva / nessuna sensibilità), non capisco come possano coesistere. Invece mi sembra che spesso per i ragazzi che commettono reati, i periti dei tribunali tendano ad aggiungere quasi automaticamente la diagnosi antisociale (che definiscono disturbo “sostanzialmente non psichiatrico”) a quella borderline (che definiscono disturbo “psichiatrico”), quasi a voler giustificare il fatto che questi ragazzi vengono condannati senza attenuanti…

    • Buona sera Maria. E’ materia di dibattito se possano coesistere o meno le due diagnosi. Partiamo dal presupposto che non tutti gli antisociali sono insensibili, alcuni potrebbero persino definirsi persino ansiosi, e che il tratto distintivo di questo disturbo è l’assenza di rimorso, elemento non per forza connesso con un’insensibilità generica e generalizzata. Va inoltre considerato il fatto che non tutti coloro che compiono atti antisociali possano essere definiti affetti da un disturbo antisociale di personalità; nel secondo caso infatti, l’intento antisociale si è così fortemente connaturato nella personalità di un individuo da risultare preponderante rispetto alle spinte altruistiche. Bisogna quindi considerare quanto l’ambiente deviante abbia influito sull’individuo creando un’abitudine a delinquere o se, invece, abbia agito nel senso di esacerbare una certa predisposizione strutturale, con qualche connotato genetico alla base. Quindi non facile saper distinguere tra mero comportamento e tratto di personalità.
      Per quanto concerne il Disturbo Borderline, è possibile che questo conviva con una diagnosi di Disturbo Antisociale ma, come espresso sopra nell’articolo, bisogna fare attenzione che di frequente il comportamento antisociale di queste persone non ha nulla a che vedere con gli intenti con cui agisce un antisociale diagnosticato.

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