Persino le mie ansie hanno l’ansia…

(Charlie Brown, in Charles M. Schulz, Peanuts)

Cercando su Google “sconfiggere l’ansia” ci si imbatterà in decine di siti che spiegano come eliminare l’ansia dalle proprie giornate. Sono solitamente pagine che insegnano tecniche e metodi per abbassare il livello d’ansia.

Potrete trovare: esercizi di respirazione, esercizi che invitano a concentrarsi sul corpo, esercizi d’immaginazione come visualizzare laghi, montagne, cascate, oppure che invitano a scacciare i pensieri negativi ed a pensare positivo. Troverete farmaci e cure naturali, consigli come: fare le cose che ci piacciono, uscire di più di casa, accendere candele profumate ed incensi. Una selva di rimedi.

L’inganno sull’ansia

Queste ricette, che sono sicuramente utili a diminuire l’ansia occasionale, contengono però un insidioso inganno: considerano l’ansia come il problema da eliminare.

Per chiarire meglio quale sia l’errore di un tale modo di intendere l’ansia è sufficiente pensare al dolore fisico. A tutti è chiaro come il dolore fisico sia il segnale di qualcosa che non va, una bandierina sollevata che dice: “Preoccupati di ciò che sta succedendo nel tuo corpo”.

Se prendiamo una botta al piede sappiamo che il dolore è collegato a quest’ultima, se il dolore è forte e persistente ci preoccuperemo di capire (o lo farà il nostro medico) se c’è una frattura. Se ogni giorno abbiamo male allo stomaco ci occuperemo sia di placarlo con dei farmaci, sia di capire se abbiamo una gastrite o un inizio di ulcera.

Il dolore sta a indicare un disagio del corpo. L’ansia invece, che funziona allo stesso modo del dolore, viene spesso intesa e curata come se fosse il disagio in sé. Si dimentica il probabile collegamento con un problema psichico sottostante.

Sono infatti rari i casi in cui l’ansia ha cause puramente organiche. Questo tipo di pensiero induce un’idea tanto semplice quanto dannosa: “Ho l’ansia – mi devo liberare dall’ansia”.

Dove nasce?

Per meglio comprendere che cosa sia l’ansia e porci le giuste domande, dovremmo chiederci come mai abbiamo l’ansia, da dove nasce.

Dal punto di vista biologico, l’ansia – ed il panico – sono delle risposte a situazioni di pericolo.

Preparano il nostro organismo all’attacco o alla fuga. Scattano in modo automatico, senza essere mediate dal pensiero, provocando tutta una serie di reazioni corporee: aumenta il battito cardiaco, il respiro si fa più corto ed intenso, le pupille si dilatano, i muscoli si tendono.

Queste reazioni si sono sviluppate durante la nostra evoluzione e si sono dimostrate vincenti. Reagire velocemente, senza fermarsi a riflettere e senza coinvolgere il pensiero, ha premiato la nostra specie. L’ansia è quindi, prima di tutto, una reazione fisiologica di difesa dal pericolo. E se al pericolo segue davvero un attacco o una fuga, la tensione viene scaricata e non si hanno sensazioni sgradevoli.

Il pericolo immaginato

Il problema dell’ansia inizia a porsi in due casi: quando non è possibile fuggire o attaccare, oppure quando il pericolo è solo immaginato, è creato dal pensiero.

La prima categoria include diverse situazioni. Gli spaventi, ad esempio, in cui in brevissimo tempo percepiamo un pericolo, salvo poi scoprire che ci eravamo ingannati. Non agiamo perché non avrebbe senso e ne siamo consapevoli.

Ci troviamo così iperattivati, tachicardici, leggermente confusi e tesi. Quasi mai però preoccupati per le nostre condizioni fisiche, al punto che spesso, dopo uno spavento, si ride.

All’estremo opposto, abbiamo i casi in cui si corre un concreto pericolo, ma è impossibile agire: basti pensare a quegli incidenti che mettono a rischio la nostra incolumità. Sappiamo di essere in pericolo, vediamo gli eventi scorrere, ma siamo impotenti.

Incidenti stradali, ferroviari, cadute, violenze subite, alluvioni, terremoti; in tali circostanze subiamo una massiccia attivazione senza poter far nulla. Spesso è una cosa che ci segna, al punto di non dimenticare più l’accaduto. Nei casi più estremi l’attivazione è tale e sconvolge così profondamente il nostro cervello ed il nostro corpo che si arriva ad un disturbo post traumatico da stress, con il ricordo dell’evento che ci perseguita, le difficoltà a dormire, la paura costante, i flash back e gli incubi.

Il secondo insieme comprende i casi in cui l’ansia viene provocata dal pensiero di un pericolo imminente. Abbiamo uno spettro di conseguenze molto ampio, che varia dall’ansia “normale” all’attacco di panico, dalla depressione, all’ipocondria, passando per tutti quei disturbi psichici che comprendono l’ansia tra i sintomi. Il pensiero può far scattare gli stessi meccanismi di quando si percepisce una situazione concretamente pericolosa.

Questo è un passaggio fondamentale da comprendere, sia per capire come funzioniamo, sia per evitare di essere travolti dall’ansia. Questa non arriva in modo casuale, ma scatta in seguito ad un pericolo reale o immaginato.

Pericoli inconsci

Ciò che mette fortemente in difficoltà è che il pensiero scatenante può essere rilevabile, ma può anche essere ad anni luce dalla nostra coscienza. Vi sono infatti situazioni in cui sembra assolutamente impossibile comprendere come nasca l’ansia, dove diavolo sia il pensiero di pericolo: “Sento un’ansia senza motivo. Perchè?!”.

Sono casi in cui il pensiero scatenante va a perdersi nei meandri della psiche. Una volta, forse, è stato chiaro o forse malapena inteso ma ora non lo è più.

Spesso viene a galla dopo un periodo di terapia e riguarda alcune paure divenute centrali all’interno della vita dell’individuo sofferente: la paura di essere rifiutati e quindi rimanere soli – che oltre ad essere sgradevole è estremamente pericolosa nella nostra specie, l’individuo solo è a maggior rischio di attacco dai predatori – la paura di fallire, la paura di avvicinarsi troppo all’altro ed esserne ferito, la paura di dipendere dagli altri.

Spesso sono paure che si formano nell’infanzia e si inscrivono profondamente dentro di noi. La sequenza lineare di allora, situazione-pericolo-ansia non è più comprensibile e noi finiamo in balia di un’ansia che sembra insensata. Più ci addentriamo nella complessità di questo meccanismo e di questi automatismi, più scopriremo quanto possa essere intricato il legame tra l’ansia, il pericolo e le situazioni vissute.

Vi sono casi in cui l’avvicinarsi affettivamente ad un’altra persona porta ansia. Ed è paradossale: il legame con l’altro, l’amore, la sessualità sono tutte situazioni naturalmente desiderabili, a cui brama la maggior parte delle persone.

Immaginate però un bambino che sia cresciuto con una madre non sempre chiara nelle comunicazioni: si arrabbiava spesso senza motivo, aveva esplosioni d’ira incomprensibili, se la prendeva con il bambino per frustrazioni esterne.

Contemporaneamente amava il figlio, ma in un continuo oscillare di amore e rabbia. In quel caso il bambino ha associato l’amore e la vicinanza con il pericolo. Star vicino a qualcuno, amarsi, può essere pericoloso. Amare non costituiva una situazione leggibile e serena, ma lo metteva costantemente sul chi va là, in una posizione mista di piacere e di allerta.

Non era in grado di comprendere, né tanto meno di spiegarsi il comportamento della mamma. Tale paradosso è stato così inscritto in lui come un automatismo senza parole, che si ripete oggi in modo incomprensibile.

Van Der Kolk (2015) descrive alcuni bambini in queste situazioni paradossali: “I bambini, in questa situazione (…) dovevano affrontare un dilemma irrisolvibile: le loro madri erano, al contempo, indispensabili alla sopravvivenza e fonte di terrore. Se si osservano tali bambini in una scuola materna o in un laboratorio di studio dell’attaccamento, si può notare come guardino i loro genitori quando entrano nella stanza e come subito dopo distolgano la loro attenzione da essi. Incapaci di scegliere tra il cercare l’intimità e l’evitare i propri genitori, possono oscillare le mani o dondolare sulle ginocchia, sembrare di andare in trance, apparire congelati con le braccia alzate, alzarsi per salutare i genitori e subito dopo buttarsi a terra.”

Da qui è facile comprendere quanto sia complesso e difficile da sbrogliare la connessione situazione-pericolo-ansia. Sono bambini che forse da adulti si sentiranno ansiosi quando si avvicineranno ad una persona. Trovandosi così ad essere tormentati dal bisogno di amare qualcuno, ma impossibilitati a farlo perchè è pericoloso.

Il giusto atteggiamento

Per questo l’ansia non può mai considerarsi davvero immotivata, è sempre l’indicatore di una paura, di un conflitto o di una credenza che ci abitano. Cercare di eliminare l’ansia è come cercare di eliminare il dolore fisico senza badare a ciò che lo causa.

Tentare solamente di schiacciare l’ansia, di controllarla o escluderla dalla coscienza non va a guarirci, ma rischia di peggiorare la situazione. Certo è bene intervenire sull’ansia, non ha senso soffrire inutilmente.

Dobbiamo però tenere in mente che ci si dovrà occupare anche delle sue cause. Ignorarle per lungo periodo può portare ad un peggioramento della situazione, sino a sfociare in una franca depressione o nell’attacco di panico.

 

Letture consigliate:

Bessel Van Der Kolk, Il corpo accusa il colpo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2015.Lucio Della Seta, Debellare l’ansia ed il senso di colpa, Marsilio Editore, Venezia, 2005

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Gabriele Ramonda
Sono psicologo clinico specializzando in Psicoterapia Psicoanalitica. Collaboro con il Centro di Psicoterapia presso l'ASL Torino1, ricevo in studio a Chieri e a Torino. Collaboro con i servizi sociali torinesi nel settore disabilità. Ho lavorato per alcuni anni come psicologo in comunità terapeutica “Il Porto Onlus“, dove ho seguito in tempi diversi disturbi di personalità, dipendenze e psicosi. Mi sono poi dedicato alla riabilitazione psichiatrica in gruppi appartamento. Oggi mi occupo anche di marketing, fotografia e comunicazione: ho co-ideato e co-fondato Nora Photobooth, prima impresa italiana a occuparsi di Photobooth nel campo degli eventi e della comunicazione. Lettore appassionato, disorganizzato ed un po' anarchico. Scrivo articoli, riflessioni e poesie confuse. "Considero la psicologia e la psicoterapia non solo come dei solidi e provati strumenti di cura, ma anche come metodo di ricerca di senso, di possibilità di riflessione e conoscenza di sé che va al di là del semplice adattamento alla realtà." Contatti: info@psicologiaramonda.it

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