Negli ultimi dieci-quindici anni si è diffusa a macchia d’olio sui social, in particolare attraverso YouTube, una pratica di rilassamento denominata ASMR, acronimo di Autonomous Sensory Meridian Response, termine senza alcuna pregnanza scientifica coniato da Jennifer Allen nel 2010.

Nei video di ASMR vi è sempre un conduttore che stando molto vicino al microfono instaura dialoghi a bassa voce, sussurra, massaggia, strofina vari oggetti oppure carezza il microfono stesso con pennelli o spazzole di diverso genere.

In questo modo egli produce una serie di suoni e movimenti molto fini e delicati che generano nell’ascoltatore uno stato di ampliamento percettivo tale che questi comincia a sperimentare brividi che si propagano nel collo, attorno alla testa, lungo la schiena e le braccia.

In generale si tratta di stimoli di natura sociale e relazionale, spesso ripetitivi, che richiamano un senso di intimità e cura e che trasmettono calma e altre emozioni positive e hanno un effetto distensivo sul corpo, a tal punto che è stato definito da alcune persone un “orgasmo della mente” (Beck, 2013).

Infatti, durante le sessioni ci si sente spesso immersi in uno stato di profondo rilassamento in cui il corpo si distende e sperimenta continue vibrazioni, brividi e altre sensazioni di estrema goduria. L’attenzione è catturata da questi stati fisici o dai gesti morbidi e lenti dei conduttori della sessione, che contribuiscono anch’essi a generare un senso di gentile riguardo verso l’ascoltatore.

Bisogna però premettere che l’ASMR non genera queste sensazioni in tutti. Sembra, infatti, che le persone si dividano in due grossi gruppi: chi adora l’ASMR e ne percepisce i benefici e chi invece non sperimenta nulla o addirittura prova fastidio stando a contatto con questa tipologia di suoni e immagini.

Vedremo a breve perché ci sono persone sensibili e altre meno a queste esperienze; in ogni caso scoprire se si fa parte di questa categoria o meno è piuttosto semplice: è sufficiente ascoltare una sessione di ASMR.

In ambito scientifico stanno comparendo i primi studi sull’ASMR e oggi sappiamo per esempio che l’area cerebrale maggiormente influenzata è il Default Mode Network (DMN) (Smith, Fredborg & Kornelsen, 2017), un sistema composto da diverse regioni corticali e sottocorticali che si attivano nelle fasi di veglia riposata o durante lo svolgimento di attività passive come sognare ad occhi aperti. L’attivazione del DMN corrisponde quindi ad un’aumentata attenzione verso gli stimoli interni anziché esterni, mentre viene disattivato quando è necessario dirigere l’attenzione verso un compito.

Gli stimoli ASMR, in pratica, da un lato inibiscono quelle aree del DMN associate a un ridotto controllo attentivo e inibitorio (Lin, Tseng, Lai, Matsuo, & Gau, 2015), avendo come conseguenza quella di ridurre l’effetto inibitorio che queste hanno su un certo tipo di esperienze emotivo-sensoriali, aprendo quindi l’individuo ad esperienze percettive più ampie; dall’altro stimolano le connessioni tra quelle regioni del DMN, adibite però al controllo esecutivo e connesse al network di rilassamento visivo (Raichle, 2015).

Oltre a questo, l’ASMR mitigherebbe l’attività nel talamo rilevante per la componente multimodale dell’ASMR, ovvero per la possibilità di sperimentare i formicolii attraverso diversi canali sensoriali nello stesso momento (Smith, Fredborg & Kornelsen, 2017).

Un altro recente studio (Fredborg, Clark & Smith, 2017), ha indagato attraverso il rinomato test Big Five Personality Inventory (BFI; John, Donahue & Kentle, 1991) i tratti di personalità tipici delle persone che rispondevano positivamente all’ASMR, ovvero quelle modalità di percepire, pensare e rapportarsi nei confronti di se stessi e dell’ambiente che ognuno di noi possiede sin dalla nascita e che sono stabili nel tempo.

Da questo studio si è potuto notare che persone che sperimentavano ASMR manifestavano punteggi più elevati nelle dimensioni “Apertura all’esperienza” e “Nevroticismo”, mentre le stesse segnavano punteggi più bassi nelle dimensioni di “Coscienziosità”, “Estroversione” e “Amicalità”.

La dimensione “Apertura all’esperienza” è associata alla curiosità, a pensieri e comportamenti non convenzionali, artistici, a tendeste estetiche, ed è tipica di persone con ampi interessi e prone a fantasticare (John & Srivastava, 1999), mentre la dimensione di nevroticismo è connessa all’ansia, ad ostilità rabbiosa, depressione e coscienza di sé (John & Srivastava, 1999).

Sarebbero quindi queste le caratteristiche tipiche delle persone che sperimentano i segni di ASMR.

Potrebbe però darsi che essendo il BFI poco capace di cogliere alcune sfumature, l’alto livello di nevroticismo riscontrato tra persone con ASMR non sia tanto dovuto al fatto che queste sperimentino soventi emozioni negative ma perché sono persone con una grande coscienza di sé, essendo entrambi elementi caratterizzanti del Nevroticismo ma non per forza connessi tra loro.

Ad ogni modo, queste differenze temperamentali potrebbero fornire qualche iniziale indizio circa il motivo per cui ci sono persone che sperimentano un senso pervasivo di benessere durante l’ASMR mentre altre no.

Detto questo, perché parlare su un sito di psicologia di ASMR? E perché come abbiamo detto poco fa si è diffuso a macchia d’olio su tutti i social?

Il motivo è che, oltre ad essere un potente mezzo per far emergere uno stato di piacevole rilassatezza, è usato da molti come un metodo autosomministrato per calmare lo stress e trovare sollievo in momenti di ansia e depressione, o addirittura nei casi in cui una persona deve fronteggiare un dolore cronico o l’insonnia.

La domanda a questo punto è: ma funziona? Due ricercatori inglesi, Baratt e Davis (2015), hanno notato che l’80% delle persone che percepivano le sensazioni connesse all’ASMR sperimentavano un effetto positivo sul loro umore. Ma non solo. Infatti, dei partecipanti al loro studio, quelli con livelli di umore più basso traevano maggiori benefici dall’ASMR. Quindi più erano proni alla depressione e più le sessioni di ASMR tendevano ad innalzare loro il tono dell’umore.

Purtroppo, gli autori hanno anche notato che gli effetti tendevano a scemare progressivamente nell’arco di qualche ora, e in particolare più una persona era depressa e più rapidamente consumava l’effetto benefico della pratica.

Gli stessi successivamente hanno però esteso la domanda di ricerca a quei casi di persone che soffrivano di dolore cronico, e anche qui hanno riscontrato degli effetti molto positivi, a tal punto che il sollievo si protraeva per oltre tre ore dopo la sessione di ASMR.

Quindi sembra funzionare nell’alleviare momentaneamente la sofferenza connessa a queste tipologie di disturbi, e cosa molto sorprendente, ciò sembra avvenire, almeno in circa il 50% dei casi, anche senza che le persone sperimentino i brividi tipici dell’ASMR (Baratt & Davis, 2015).

Di conseguenza, per quanto sia una pratica che agisce solamente sul sintomo e che pertanto non può essere considerata sufficiente per il trattamento dei disagi psichici e fisici citati, sembra comunque avere una sua utilità e ciò è interessante perché si potrebbero adattare le sessioni di ASMR per poterle usare nel setting clinico, magari sviluppando protocolli e proponendo specifici trigger sulla base della problematica.

Nella mia personale esperienza, ho trovato che quando dovevo studiare o sedermi a computer e svolgere lavori ripetitivi e magari un po’ noiosi, ascoltare sessioni di ASMR prive di dialoghi ma contenti suoni come quelli prodotti da un massaggio o dallo sfregamento di una spazzolina sul microfono, mi è sembrato servisse molto a rimanere rilassato e quindi a non andare in tensione e distrarmi.

 

Bibliografia

Barratt and Davis (2015), Autonomous Sensory Meridian Response (ASMR): a flow-like mental state. PeerJ 3:e851; DOI 10.7717/peerj.851

Beck, J. (2013). How to Have a “Brain Orgasm.” The Atlantic. Available online at: https://www.theatlantic.com/health/archive/2013/12/how-to-havea-brain-orgasm/282356/ (Accessed February 1, 2017)

Fredborg, B. K., Clark, J. M., & Smith, S. D. (2018). Mindfulness and autonomous sensory meridian response (ASMR). PeerJ, 6, e5414. doi:10.7717/peerj.5414

Fredborg B, Clark J & Smith SD (2017). An Examination of Personality Traits Associated with Autonomous Sensory Meridian Response (ASMR). Front. Psychol. 8:247. doi: 10.3389/fpsyg.2017.00247

John, O. P., Donahue, E. M., and Kentle, R. L. (1991). The Big Five Inventory—Versions 4A and 54. Berkeley, CA: University of California, Berkeley, Institute of Personality and Social Research.

John, O. P., and Srivastava, S. (1999). The big five trait taxonomy: History, measurement, and theoretical perspectives. Handb. Pers. 2, 102–138

Lin, H. Y., Tseng, W. Y., Lai, M. C., Matsuo, K., & Gau, S. S. (2015). Altered resting-state frontoparietal control network in children with attention-deficit/hyperactivity disorder. Journal of the International Neuropsychological Society, 21, 271–284. doi:10.1017/S135561771500020X

Raichle, M. E. (2015). The brain’s default mode network. Annual Review of Neuroscience, 38, 433–447. doi:10.1146/annurev-neuro-071013-014030

Stephen D. Smith, Beverley Katherine Fredborg & Jennifer Kornelsen (2017). An examination of the default mode network in individuals with autonomous sensory meridian response (ASMR), Social Neuroscience, 12:4, 361-365, DOI: 10.1080/17470919.2016.1188851

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