Daniel J. Siegel, neurobiologo interpersonale, ci accompagna in un percorso esperienziale verso il perseguimento di un maggiore benessere, fisico e psicologico.

Sostenuto da solidi contributi scientifici e da anni di esperienza sul campo, l’autore ha avuto modo di sviluppare una innovativa pratica di meditazione che – innestandosi nell’ambito della già consolidata mindfulness – fornisce al lettore strumenti concreti per avvicinarsi alla condizione che viene definita di “equanimità”, un senso di finalità e di significato, che favorisce una generale serenità dell’essere […].

Ma partiamo dai fondamentali. Talvolta, per i non addetti ai lavori, pratiche quali quelle della meditazione vengono ritenute appannaggio della spiritualità, piuttosto che al servizio della scienza.

Eppure un corpus ormai solido e vasto di conoscenze acquisite nella giovane vita della ricerca psicologica ci ha condotti verso quello che è ormai un dato scientifico conclamato: meditare fa bene.

Certo, potreste avere bisogno di districarvi tra cialtronerie varie ed ambiti – un po’ troppo – al confine con la religione, laddove vi avvicinaste per la prima volta a questo genere di pratica; lo scoglio è facilmente superabile se terrete conto della cornice teorica di riferimento entro cui la ricerca sulle pratiche di meditazione ha preso le mosse: la mindfulness.

La mindfulness rappresenta uno dei topics maggiormente indagati nell’ambito delle ricerche sulla psicoterapia, psicobiologia e psicologia fisiologica. Come sottolinea lo stesso Siegel, è dimostrato che le pratiche di meditazione ispirate alla mindfulness agiscano su un doppio binario (che, avrete modo di vedere, tanto “doppio” non è), favorendo da un lato il raggiungimento di una condizione di eudaimonia (o equanimità) e, dall’altro, apportando una serie di benefici relativi al corretto funzionamento del nostro organismo, comportando miglioramenti a carico della funzionalità immunitaria e del sistema cardiocircolatorio, rallentando i processi legati all’invecchiamento, riducendo la funzionalità infiammatoria e favorendo l’integrazione neurale.

Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante nel favorire un funzionamento ottimale del sistema nervoso, all’insegna di una maggiore capacità di adattamento ed autoregolazione.

Ma quali sono gli strumenti di cui la meditazione che l’autore ci propone si serve per perseguire un maggiore benessere? Nel suo ultimo libro “Diventare Consapevoli. Una pratica di meditazione rivoluzionaria” edito Raffello Cortina, Siegel ci parla di tre pilastri fondamentali: attenzione focalizzata, intenzione gentile e consapevolezza aperta.

Questi pilastri rappresentano – allo stesso tempo – strumenti e obiettivi della pratica di meditazione; come l’autore ci tiene a ribadire spesso, ciò che all’inizio richiede uno sforzo consapevole ed un esercizio mentale e fisico per essere attuato diventa, tramite la pratica costante, un vero è proprio tratto, la forma mentis dell’individuo.

In sostanza, si tratta di “riprogrammare” la nostra mente – e il nostro corpo, e il nostro spirito – verso delle modalità di funzionamento rivolte alla salute.

Badate bene, è tutt’altro che scontato. Lo stesso Siegel ci mette in guardia rispetto al modo che la società occidentale ha di condurci verso quella che potremmo definire una dis-integrazione del Sé: un senso di disconnessione e di a-finalità del vivere che nasce dal mito (e dall’illusione) di un individuo che può (e dovrebbe) vivere in uno stato di totale isolamento.

E così, progressivamente, perdiamo il senso del quadro generale, la percezione dell’interconnessione profonda e complessa che sussiste tra noi stessi e gli altri, e il mondo, e anche tra noi stessi e noi stessi: l’estremo di questo isolamento conduce a dividere la mente dal corpo e il cervello dall’esperienza soggettiva che abbiamo della nostra vita mentale. Come se fosse possibile.

Ben lontani da un universalismo di tipo esclusivamente “morale” o da un’ideale di vita che rifugge la “razionalità”, l’autore ci pone di fronte a un dato e ci invita ad aprirci a quello che è: costituiamo un sistema complesso e stiamo bene solo quando tutte le componenti di questo sistema funzionano in maniera integrata, all’unisono.

È a questo punto che Siegel si fa innovatore e sviluppa una pratica di meditazione mindful che dovrebbe impedire un funzionamento non coordinato della nostra mente e che egli definisce la ruota della consapevolezza.

La ruota della consapevolezza altro non è se non una metafora visiva della mente e del suo funzionamento che, secondo l’esperienza dell’autore, avrebbe il potenziale di facilitare – attraverso un esercizio costante e guidato – il nostro accesso alla consapevolezza e, di conseguenza, una maggiore integrazione del nostro sistema-mente.

Immaginiamo una ruota il cui centro è costituito dalla consapevolezza, il “mozzo” della ruota e della nostra mente; dal mozzo si dipanano diversi raggi, capaci di raggiungere il cerchione della ruota.

Quando facciamo uno sforzo conoscitivo, possiamo dirigere la nostra consapevolezza lungo i raggi della ruota, servendoci dell’attenzione focalizzata e giungendo infine al cerchione, su cui sono “collocati” gli oggetti da conoscere.

I possibili oggetti della conoscenza sono quattro, come segue: le sensazioni provenienti dai nostri cinque sensi, quelle provenienti dall’interno del nostro corpo (come il respiro), gli stimoli che riguardano la nostra vita mentale (come emozioni e pensieri), ed infine gli stimoli che riguardano il nostro mondo relazionale, l’interconnessione.

L’esercizio proposto da Siegel è concettualmente semplice. Si tratta di allenare la persona a focalizzare la propria attenzione sui diversi elementi che costituiscono la ruota, per arrivare infine a differenziarli gli uni dagli altri e a differenziare il processo conoscitivo dai suoi oggetti. Ma non solo.

Al processo di differenziazione deve seguire quello di integrazione e connessione degli elementi. È l’alternarsi di questi due momenti ciò che costituisce l’esercizio ideale della nostra consapevolezza ed il funzionamento ottimale della nostra mente.

Diversamente, in quanto sistema complesso, la mente potrebbe tendere verso modalità di azione rigide o caotiche, non guidate dalla consapevolezza, dall’intenzione e non dirette all’integrazione.  Banalmente, si tratta di “incastrare tra loro” tutte le diverse componenti di un ingranaggio, e poi di oliarlo a dovere con la pratica costante.

Una volta allenati a questa modalità di funzionamento ottimale dovremmo arrivare ad essere guidati dall’intenzionalità, piuttosto che sentirci travolti da un flusso di informazioni incontrollato, proveniente sia dal nostro mondo esteriore che interiore. Dovremmo ritrovarci ad essere al timone di questi flussi, senza avere la pretesa di controllarli.

“Diventare consapevoli” costituisce un vero e proprio manuale, una guida completa ed esaustiva che comprende tutte le premesse ed i principi teorici necessari per avvicinarsi alla meditazione mindful, ma non solo.

L’autore correda ciascun principio con esempi pratici, metafore e strumenti concreti e riporta le esperienze significative e dirette di persone, incontrate nell’arco della sua lunga pratica clinica, che hanno avuto modo di beneficiare del suo metodo.

Nel corso della lettura, vi imbatterete spesso in esercizi da fare con semplicità a casa, in cui verrete guidati e sostenuti minuziosamente dalle istruzioni dell’autore.

In una realtà di cui siamo i contenitori e che tende a saturarci molto presto, Siegel ci suggerisce come fare per ampliare i confini della nostra coscienza e trasformarci da “tazzine” ad “ampi contenitori”, cosicché “saremo in grado di immergerci appieno in ogni esperienza, quale che sia, a prescindere da quanti cucchiai di sale la vita spargerà sulla nostra strada”.

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