Molti la conoscono, pochi (o poche) ne parlano. La masturbazione femminile non è soltanto un fenomeno fisiologico fondamentale della vita sessuale, ma un dato di fatto, una piacevole attività dagli importanti benefici dal punto di vista fisico e della salute globale della persona.

Non solo: riguarda anche una pratica attorno alla quale ruotano ancora un certo alone di mistero e di malizia, un tabù considerato tale soprattutto dalle esponenti stesse del genere femminile.

Esiste infatti un profondo divario tra la masturbazione femminile e quella maschile, che contribuisce a rendere meno positiva per la ragazza questa esperienza. Della masturbazione femminile non si parla, il messaggio è quindi che non esiste o non è lecita: di qui il timore di essere “anormale” o di sentirsi una “ninfomane”, qualcuno assolutamente fuori dalla norma.

Ma, riflettendoci, perché non praticarla o lasciare che continui a costituire un intrattenimento di cui vergognarsi?

Il modello vigente di donna come oggetto sessuale passivo e remissivo, pronta a ricevere piuttosto che a dare piacere si riversa anche in quest’ambito: implicitamente vige l’idea che sia difficile per il sesso femminile procurarsi piacere o essere attivamente pronti a ricercarlo tramite fantasie o desideri sessuali indotti o percepiti durante l’arco della giornata.

In realtà, le donne hanno dei sistemi di autogratificazione molto più efficaci degli uomini. Ad esempio, persino delle semplici oscillazioni del bacino bastano a stimolare il centro sessuale. Una donna può avere un orgasmo mediante la stimolazione dei seni, oppure attraverso una respirazione profonda e ritmica.

Di conseguenza, la masturbazione “è una possibilità che la donna ha per nutrire il proprio erotismo, e contemporaneamente imparare a potenziare le forze nascoste nel suo ventre” (Zettnersan, 2003, p. 54).

Inoltre, la masturbazione costituisce la prima tappa erotica attraversata ai primordi dell’adolescenza, favorita da un lato dalle spinte ormonali, dall’altro dal riapparire di desideri regressivi di tipo autoerotico dell’infanzia per poter superare le ansie e le incertezze di un periodo così carico di cambiamenti.

Nella nostra cultura, essa costituisce il momento di transizione tra la sessualità pregenitale fantasticata e l’attività genitale, che verrà agita con un partner reale dell’altro o del proprio sesso. Sul piano strettamente somatico, la masturbazione fornisce un’occasione di rinnovata conoscenza del corpo, modificato dalla maturazione puberale, favorendone una riappropriazione.

Nel momento in cui si scatena questa crisi ormonale della maturazione sessuale entra in funzione la terza zona erogena che Freud chiama fallico-genitale: si tratta della fase in cui, nella maggior parte dei casi, il pene e la clitoride vengono riconosciuti come fonti di sensazioni piacevoli.

Sulla possibilità di ottenere piacere tramite la masturbazione vanno tuttavia operate delle differenze tra la masturbazione maschile e quella femminile: il maschio scopre, fin dai primi giorni di vita, che può ottenere sensazioni di piacere non solo dalla zona erogena orale, ma anche dalla manipolazione dell’organo genitale.

La bambina invece tende ad operare, anziché la manipolazione, esercizi di strusciamento e di sfregamento dell’organo sessuale, principalmente prediletti poiché procurano maggiore piacere.

La cultura esercita tuttavia la repressione più feroce sulla masturbazione clitoridea, forse proprio a causa degli stereotipi vigenti e del fatto che la donna non abbia un’esigenza fisiologica di “svuotare” i propri organi genitali tramite un eiaculato.

Nell’uomo la masturbazione è stata in passato proibita, soprattutto dalla religione cattolica, in quanto provoca la dispersione di “potenziale creativo”. Nella donna questo non succede, eppure la masturbazione femminile provoca ancora forti resistenze.

Diviene possibile ipotizzare che il potere della donna, “a causa del potenziale erotico di cui la clitoride diventa il simbolo e lo strumento, sarebbe vissuto dal maschio come enorme: ella, che nel mito più arcaico è la “madre della vita”, la creatrice dell’Universo, non fecondata dall’uomo, ma dalle forze della natura, può anche procurarsi un piacere sessuale senza il bisogno dell’uomo” (Verde & Nappi, 2002, p. 55).

Peraltro, all’interno della Società, questo tipo di esperienza viene sovente impedito e la giovane può essere indotta a viverla come un insuccesso, oppure come un atto attraverso il quale soddisfare un impulso proibito e vergognoso, e quindi essere preda di sentimenti di colpa – se il conflitto è caratterizzato dalla norma superegoica – o di vergogna – se il conflitto è indice dell’incapacità di adeguarsi al modello ideale.

Ma i bambini in generale scoprono molto presto, seppur senza un’intermediazione dell’intelletto, il piacere sessuale. È stato visto che questa scoperta inizia ancor prima della nascita: sostanze dolci che passano attraverso il liquido amniotico producono un riflesso di piacere nei genitali a partire dal terso mese di gestazione (Pedreira et al., 2001).

In altre ricerche, sono anche stati individuati sia movimenti simil-masturbatori durante la 28esima (Mezner, 1987) e 32esima (Rodríguez Fernández & López Ramón y Cajal) settimana di gestazione, che sussistenza di erezione peniena nel feto durante la 29esima (Sherer et al., 1990) e 36esima (Shirozu et al., 1995; Koyanagi, 1991) settimana di gestazione.

La masturbazione passa quindi dall’essere un’attività infantile messa in atto in momenti di ansia e/o di esplorazione corporea fino a divenire un’esperienza associata alla sessualità ed al piacere sessuale.

Essa è, nella quasi totalità dei casi, accompagnata da fantasie erotiche, ed è proprio il tipo di fantasia associata all’atto masturbatorio a qualificare l’atto stesso, poiché prelude ad un rapporto con l’altro o alla semplice attuazione e presa di consapevolezza delle proprie preferenze sessuali.

Se la masturbazione è associata a fantasie di rapporto con l’Altro, questo mostra “come ci sia già una iniziale maturazione di una capacità di relazione d’oggetto (…) vissuta prima a livello fantasmatico e poi a livello della vita reale” (ibidem).

È attraverso le fantasie che si realizza la maturazione della capacità delle relazioni d’oggetto, aperte verso autentiche relazioni di scambio.

Il complesso masturbazione – fantasia contribuisce allo “sviluppo dell’immagine corporea; al rinforzo del senso di identità di sé, di genere e di ruolo; alla maturazione dello sviluppo istintuale e caratteriale; alla capacità di autocontrollo ed (infine) alla scelta dell’oggetto d’amore” (ibidem).

Le donne che riescono a raggiungere l’orgasmo attraverso la masturbazione anche nel rapporto con il partner spesso usano tale tecnica come ulteriore stimolo. Numerose ricerche in sessuologia clinica hanno riscontrato che le donne che si dedicano all’autoerotismo hanno una vita sessuale molto più attiva e soddisfacente e raggiungono più facilmente l’orgasmo rispetto a quelle che non la praticano (Kohut & Fisher, 2013; Madewell, 2014).

Bisogna oltretutto distinguere tra sessualità relazionale ed individuale: entrambe presentano una propria specificità e non sono assolutamente in contrasto, né tantomeno la masturbazione deve essere vista come un’azione compensatoria rispetto a una sessualità di coppia insoddisfacente.

Oltre all’importanza della scoperta del proprio corpo, la masturbazione apporta benefici a livello fisico: rilasciando ossitocina aiuta a combattere lo stress, andando a disattivare l’area cerebrale responsabile di tensioni psicologiche come ansia, paure e pensieri negativi.

In questo modo è più facile rilassarsi mentalmente e fisicamente, si reagisce alle situazioni stressanti in modo positivo e oltretutto si riesce a dormire meglio, aumentando la qualità del riposo notturno. La produzione di ossitocina aumenta con la stimolazione tattile di seni e capezzoli (reazione uguale a quella dell’allattamento), così come della clitoride.

Stimola inoltre la prolattina e la liberazione di dopamina durante l’orgasmo, che risulta più intenso. Oltre all’ossitocina e alla prolattina, l’orgasmo induce la produzione di endorfine ed il rilassamento del pavimento pelvico, riducendo i crampi mestruali e mantenendo tonici i muscoli vaginali.

La masturbazione rappresenta soprattutto un momento per se stesse, un’occasione di rilassamento e di ritrovamento della propria persona. Le controindicazioni? I pregiudizi ed il timore di parlarne, di esprimere la piacevolezza nel dedicarsi ad un’attività che agevola la salute.

L’uso che si fa della masturbazione a fini terapeutici rappresenta sicuramente il cambiamento di prospettiva più consistente nei confronti della masturbazione stessa, ed anche la prova decisiva di come la comunità scientifica abbia non solo eliminato ogni tabù di ordine morale riguardo a tale argomento ma anche compreso l’efficacia della sua utilità.

La capacità dell’autoerotismo di produrre un orgasmo ha un valore terapeutico importante: Hasting (1963) riferì che alcune delle sue pazienti avevano migliorato la loro risposta sessuale aumentando la loro attività masturbatoria.

Kinsey (1953) riferì invece che “la donna media” raggiunge l’orgasmo con una probabilità anche maggiore del 95% ad ogni suo episodio masturbatorio. Questo dato supera grandemente la probabilità di ottenere un orgasmo tramite il coito, spesso peraltro considerato unico fine del rapporto sessuale completo.

Bardwich suggerì che un orgasmo intenso potesse portare ad un aumento della vascolarizzazione della vagina, delle labbra vulvari e della clitoride. Questa ipotesi è stata supportata dalle scoperte di Kiegel (1952), il quale trovò che le pazienti che tonificavano il muscolo pubococcigeo tramite gli esercizi di sua invenzione sperimentavano un aumento nella frequenza dei loro orgasmi.

Dal momento che esercitare un muscolo porta ad una migliore vascolarizzazione dello stesso, è possibile che l’aumentata vascolarizzazione del muscolo pubococcigeo sia responsabile della maggior frequenza degli orgasmi.

In definitiva, dato che la masturbazione è il metodo di maggior successo per produrre un orgasmo e visto che produce degli orgasmi più intensi, è logico supporre che sia il miglior trattamento per migliorare il potenziale orgasmico nelle persone anorgasmiche o vaginismiche.

Quella che la Kaplan (1975) definì “nuova terapia sessuale”, diretta alla soluzione di quasi tutte le disfunzioni sessuali di carattere psicologico (disturbo del desiderio ipoattivo, fobie sessuali, disturbo dell’eccitazione e dell’orgasmo, eiaculazione precoce e ritardata, vaginismo funzionale) è in effetti incentrata sulla riscoperta del proprio corpo e delle sue reazioni tramite la masturbazione. Masters & Johnson nel 1970 hanno inoltre elaborato degli esercizi di “Focalizzazione Sensoriale” allo scopo di far sperimentare alla coppia le sensazioni che si ricavano dal contatto fisico tattile nel dare e ricevere reciprocamente piacere.

Il terapeuta, dopo aver vietato alla coppia la possibilità di avere orgasmi, prescrive, secondo un programma preciso, di accarezzarsi reciprocamente prima il corpo (FS I), poi i genitali (FS II): metodiche, queste, tutte finalizzate all’ottenimento di una sessualità soddisfacente che ha inizio con la riscoperta delle reazioni del proprio corpo per mezzo della masturbazione.

La masturbazione ha un buon valore terapeutico soprattutto per le donne che soffrono di disturbi della risposta sessuale, ad esempio una donna che non ha mai raggiunto un orgasmo tramite qualsiasi tipo di stimolazione sessuale.

Per questo problema sembra più sensato iniziare un trattamento con una tecnica che con maggior probabilità possa produrre un orgasmo. Quindi, perché indugiare?

 

Bibliografia

Zettnersan, C. (2003). I segreti della camera da letto. Esercizi sessuali taoisti. Edizioni Mediterranee.

Verde, J.B. & Nappi, R. (2002). Donne nuove. L’universo femminile nel terzo millennio. Milano: Franco Angeli / LE COMETE.

Kaplan, H. (1975). Manuale illustrato di terapia sessuale. Milano: Feltrinelli, 1990.

Kinsey A., Pomeroy, W., Martin, C. (1953). Il comportamento sessuale nella donna. Milano: Bompiani, 1970.

Kegel, A. (1952). Sexual functions of the pubococcygeus muscle, West J. Surg. Obstet. Gynecol., 60:10, 521-524.

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Elisa Ginanneschi
Cresciuta in un piccolo paesino, ma con grandi sogni per la testa. Le coordinate che da sempre danno direzione ai miei obiettivi sono quelle che chiamo le "Due P": Poesia e Psicologia. Mi sono laureata in Psicologia Clinica alla Sapienza di Roma con 110 e lode con una tesi dal titolo "L'accoglienza dei soggetti transgender nel contesto sanitario". Durante il corso di laurea magistrale ho svolto il Percorso d'Eccellenza occupandomi di plusdotazione, in particolare dell'influenza dello stile genitoriale sulle caratteristiche di sviluppo dei bambini plusdotati. Psicologa iscritta all’Albo degli Psicologi del Lazio n°26177, ho coniugato alla psicologia la mia passione per la sessualità: sono infatti anche una consulente sessuale ed esperta in educazione sessuale. Attualmente sto continuando la mia formazione come Sessuologa clinica presso l’Istituto di Sessuologia clinica di Roma. Sostenitrice dei diritti LGBTQI+, appassionata lettrice dei segnali dell'animo umano. Ho pubblicato diverse raccolte di poesia, dal titolo: Arcano Verbo, Carne e spirito, Suppliche mondane, Dieci a mezzanotte, Liriche di luce, D'estro e d'arsura, Ebbra, Benedicat e Odi et amo. Contatti: elisaginanneschi11@gmail.com

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