Se hai deciso di leggere questo articolo, probabilmente sei uno studente in cerca di risposte, o meglio, di formule magiche per ritrovare la voglia di studiare. Magari, sei un insegnante o un genitore disperato che vuole smuovere il proprio alunno/figlio da quello stato di inerzia che fa accumulare centimetri di polvere sui libri. O forse, sei capitato qui per caso.
Ad ogni modo, sei in cerca di una soluzione. Una di quelle strategie preconfezionate che si trovano su “studentincrisi.it” o “comebellostudiare.com”. Ebbene, non è di questo che ti parlerò.
Deluso? Immagino, ma la realtà è che prima di azzardare soluzioni (alcune devo dire piuttosto originali), sarebbe più utile cercare di capire meglio quale sia il problema o, almeno, da dove arrivi. Questo poiché tali strategie possono essere sì efficaci per alcuni, ma non per altri, dato che i fattori in gioco possono variare.
In questa sede ti presento una delle possibili spiegazioni del perché tu ti senta più o meno motivato a studiare, a partire dall’esplorazione dei vissuti che accompagnano la tua vita di studente.
Iniziamo da qui: obiettivi di padronanza o di prestazione?
Ti propongo un piccolo quiz circa alcune situazioni che si possono verificare in ambito scolastico, ma anche nella vita in generale. Pensa a quale risposta si avvicina maggiormente al tuo modo di essere e pensare.
!Attenzione! Il presente questionario non è da considerarsi come una misurazione scientificamente attendibile! Esistono specifici strumenti validati che valutano queste dimensioni!
- Andare a scuola, per te, è un modo per:
a) Apprendere qualcosa di nuovo e aumentare le proprie conoscenze
b) Esaminare le proprie abilità
- Sei soddisfatto dello studio quando:
a) Sento di aver acquisito delle nuove competenze
b) Prendo buoni voti
- Se dovessi misurarti con una nuova attività (es.: una nuova materia, un nuovo argomento) preferiresti che sia:
a) Ad un livello di difficoltà crescente, mi piace affrontare nuove sfide
b) Ad un basso livello di difficoltà, preferisco prove che sono certo di poter affrontare
- Quando la situazione diventa critica (es.: sei in difficoltà, aumenta la complessità del compito, ci sono maggiori richieste, ecc.):
a) Il mio livello di impegno rimane costante
b) Mi scoraggio e faccio fatica a proseguire
- Quando sbagli qualcosa (un esercizio, la risposta a una domanda…) vivi la situazione come:
a) Un’occasione per capire meglio in cosa ho sbagliato
b) Un fallimento, riflesso della mia incapacità
- Quando prendi un voto più basso di quello che ti aspettavi:
a) Cerco di capire cosa non ha funzionato e un modo alternativo di affrontare le prossime verifiche
b) Credo che il problema sia che non sono capace, se la prossima verifica sarà uguale, prenderò di nuovo un brutto voto
- Poniamo il caso che ti sia prefissato l’obiettivo di recuperare matematica prima di giugno:
a) Tieni sotto controllo la situazione per verificare se ciò che stai facendo è efficace o meno in vista dell’obiettivo
b) Non sai bene come capire se stai andando nella giusta direzione, lo scoprirai a giugno
- Sei in grado di individuare i tuoi punti di forza, piuttosto che di debolezza?
a) Sì, ho una buona percezione delle mie risorse e limiti
b) Non sempre riesco a dire in cosa sono bravo o meno
- Pensi che per valutare quali siano le proprie capacità:
a) Sia importante confrontarsi con sé stessi
b) Sia meglio affidarsi al giudizio degli altri
Soluzioni: se hai ottenuto…
Maggioranza di A, sei uno studente con obiettivi di padronanza
Sembrerebbe che per te lo studio sia veramente un’occasione per imparare qualcosa di nuovo. Ti piace sentirti “esperto” e competente in ciò che ti interessa ed esplorare ciò che ti incuriosisce. Davanti alle novità, non ti spaventi, ma le prendi come delle sfide con cui misurarti e mettere alla prova le tue abilità. Per questo, ti poni obiettivi sempre più difficili da raggiungere.
Hai una buona percezione delle tue capacità e limiti, con i quali sai confrontarti in modo costruttivo. Se qualcosa va storto, un brutto voto o una critica, non ti lasci scoraggiare troppo, ma cerchi di reagire in modo propositivo e imparare dall’esperienza. Per questo gli errori non ti spaventano, ma li vivi come una possibilità per migliorarti sempre di più.
Maggioranza di B, sei uno studente con obiettivi di prestazione
Per te lo studio è principalmente un modo per verificare quali siano le tue capacità, testare in cosa riesci e in cosa no. Fai fatica a percepire quali siano le tue reali potenzialità e per questo ti affidi molto al giudizio degli altri. Non sei particolarmente interessato a metterti alla prova.
Ti piace sentirti padrone della situazione, preferisci affrontare prove in cui sai di poter riuscire bene, mentre eviti ciò che ti potrebbe mettere in difficoltà. Vivi l’errore come un fallimento che riflette la tua scarsa abilità e scarsa intelligenza. Perciò, di fronte agli insuccessi, ti scoraggi molto e pensi sia inutile riprovarci, perché andrebbe nello stesso modo.
Che cosa c’entrano gli obiettivi con la motivazione?
In generale, è possibile intendere la motivazione come l’insieme di quei fattori che danno avvio, direzionano e mantengono un certo comportamento. In tal senso, gli obiettivi possono essere considerati come fattori motivazionali interni che orientano le nostre azioni, ci aprono la strada per giungere ad una certa meta.
Secondo la teoria di Dweck (2000), a tali obiettivi sarebbero associate diverse convinzioni sulla propria intelligenza. L’autrice parla di teorie implicite del sé, ovvero una serie di assunti che formuliamo sui noi stessi e di cui non siamo consapevoli. In questo caso, spiegazioni che ci diamo circa le caratteristiche delle nostre abilità cognitive.
In particolare, ne individua due tipologie:
- Incrementali, secondo cui la propria intelligenza è qualcosa di dinamico e modificabile, che si sviluppa nel tempo e può arricchirsi.
- Entitarie, per le quali l’intelligenza è qualcosa di dato a priori, statico, che non può subire alcun tipo di cambiamento e di cui è possibile solo prendere atto.
Per uno studente credere che le proprie capacità intellettive possano migliorare, costituisce un fattore motivazionale importante, poiché fa dell’esperienza un’occasione per apprendere dall’ambiente che lo circonda e accrescere le proprie facoltà.
Al contrario, ritenere che “si è nati geni o asini” senza possibilità di modifica, rappresenta una convinzione disfunzionale, che induce semplicemente constatare in cosa si riesce e in cosa no, senza concedersi un margine di miglioramento.
“Un bruco crede che sia impossibile volare, se non sa che può diventare farfalla”
Dove sta la verità? L’intelligenza è qualcosa di davvero modificabile?
In realtà il quesito necessita di una riformulazione, poiché ad oggi la ricerca ci conferma che non è possibile parlare di un’unica intelligenza monolitica, quanto piuttosto di una serie di abilità di cui lo sviluppo, l’espressione e l’incremento sono determinati da numerosi fattori (corredo genetico, contesto ambientale, fase del ciclo di vita, ecc ecc).
In generale, le evidenze scientifiche suggeriscono che tutte le componenti cognitive possono subire delle variazioni.
Al di là di questo, ti sorprenderà scoprire che “di base” siamo tutti naturalmente spinti ad imparare. Ti suonerà meno anomalo, se pensi alle cantilenanti e persecutorie domande dei bambini, che a nastro ripetono “e pecchè???”.
Secondo White (1959) tutti nasciamo con una serie di bisogni (anch’essi fattori motivazionali interni) tra cui quello di soddisfare la propria curiosità, il desiderio di sentirsi competenti ed efficaci, di padroneggiare l’ambiente in cui viviamo, anche la scuola. Tali bisogni, solitamente, trovano libera espressione se non vengono ostacolati.
Un’errata convinzione circa l’immutabilità della propria intelligenza può frenare il soddisfacimento del proprio bisogno di competenza e condurci ad assumere atteggiamenti disfunzionali, come evitare lo studio, non fare i compiti, non correggersi, perché tanto sarebbe tutto inutile.
Arriviamo a noi, caro studente…
Una buona notizia: le convinzioni si possono modificare! Se pensi di essere nato con “l’incapacità della matematica” o “la deficienza per il greco” e che quindi “non imparerai mai”, ti stai precludendo a priori una possibilità. Modificando questa tua convinzione cambierà anche il tuo approccio allo studio e lascerai libera espressione al tuo naturale bisogno di apprendere.
Una cattiva notizia: le convinzioni non sono il solo fattore in gioco. Ci sono molte altre dimensioni che possono concorrere nel determinare la tua crisi scolastica. La tua autoefficacia percepita, le emozioni coinvolte, l’utilizzo di strategie più o meno funzionali, le tue abilità cognitive e metacognitive, sono tutti elementi che confermano che andare a scuola non è mai solo questione di studiare.
Puoi iniziare a chiederti che tipo di studente sei, se hai mai pensato a quanto investi nella scuola e cosa significhi per te ottenere dei buoni risultati. Se hai mai cambiato il tuo modo di approcciarti allo studio, se hai capito qual è il tuo metodo e se ne sei soddisfatto.
Caro studente, forse in questo momento non riesci a trovare un buon motivo per impegnarti nello studio, ma, se ci pensi bene, credo proprio che tu non ne troverai uno nemmeno per non farlo. Rifletti, se sei alla ricerca di una risposta, sarà perché, da qualche parte, in te è nata una domanda. Che cosa significa?