Sedurre, dal latino sedŭcere, formato da se (ossia “a parte, via”) e da ducĕre (ossia condurre, trarre), significa etimologicamente non solo attrarre a sé, ammaliare, adescare, ma anche condurre via, portare fuori dal proprio cammino, distogliere, distorcere, incitare al male con finte ragioni e raggiri.

Sedurre ha quindi una doppia anima: da un lato è un meccanismo che porta all’incontro, al legame, all’attrazione reciproca e al desiderio, dall’altro lato è fonte di pericolosità, attorniato da un alone nocivo di mistero.

Il tema della seduzione è dunque un tema fortemente ambivalente, che richiama a sé al contempo immagini positive e negative, e di cui si possono analizzare diverse sfaccettature di significato. Ed è proprio attorno a queste sfaccettature che si sofferma Gilles Lipovetsky, filosofo e sociologo francese, professore all’Università di Grenoble, nel suo ultimo libro edito CortinaPiacere e colpire. La società della seduzione.

Con occhio del tutto disincantato, Lipovetsky passa in rassegna le diverse tappe storiche che hanno portato allo sviluppo e al cambiamento dei meccanismi seduttivi, sottolineandone i punti di rottura e di continuità fra presente e passato.

Il mondo delle relazioni e delle modalità relazionali è infatti andato incontro a cambiamenti molto profondi negli ultimi decenni, tanto da poter parlare, secondo l’autore, di una vera e propria nuova tappa storica.

In questa nuova tappa, la seduzione regna sovrana e priva di ostacoli.

Sedurre è diventata una prerogativa di tutti, prerogativa che non conosce nette differenze di genere o limiti di età. E così, dunque, l’attenzione per l’aspetto fisico e per l’attrattività estetica sono diventati temi importanti democraticamente per tutti.

D’altronde, fin dal Paleolitico superiore, è possibile osservare un’incredibile varietà di parate, ornamenti, addobbi, danze, feste e rituali, il cui effetto ricercato era, fra gli altri, quello di intercettare l’attenzione del partner desiderato e, in ultima analisi, sedurre, intensificando la propria attrattività e accentuando i caratteri sessuali.

Si può affermare infatti che i comportamenti seduttivi, il desiderio di piacere e di attirare l’attenzione su di sé, anche tramite l’utilizzo di ornamenti, cosmetici, doni, occhiate furtive, o sorrisi ammalianti, siano in una certa misura qualcosa di atemporale e trans-storico: un discorso costante e universale che nel tempo ha avuto torsioni diverse, modificandosi quindi nei modi e nei costumi.

Quello che è interessante notare però è che, accanto a quest’opera di amplificazione delle attrattive erotiche, si sia sviluppata con altrettanta forza una dinamica di segno diametralmente opposto che mira ad annullare o comunque a disciplinare e tenere sotto controllo il pieno regime della potenza seduttiva.

Le tecniche di approccio, infatti, hanno sempre obbedito a delle regole consuetudinarie rigorose, diverse da cultura a cultura e nei diversi tempi storici ma in ogni caso sempre presenti.

Fino alla fine del XIX secolo, per esempio, nelle società contadine europee l’inizio del corteggiamento doveva avere luogo durante eventi precisi e predeterminati, quali ad esempio le veglie del paese e le feste parrocchiali.

Le relazioni dunque nascevano e si sviluppavano sempre in presenza di terzi, al cospetto e sotto il controllo della comunità.

In maniera simile, nelle popolazioni aborigene della Melanesia gli uomini potevano corteggiare una donna desiderata solo durante determinati rituali collettivi, dove, oltre a danze e canti, veniva loro concesso anche di scostare le frange della gonna di paglia di quest’ultima per toccarle i genitali.

Al di là delle diverse modalità di approccio, ciò che accomuna i due esempi riportati è che in ogni caso i giochi seduttivi vengono incasellati all’interno di una scacchiera che ha coordinate sancite dalla cultura di appartenenza: i movimenti del corteggiamento disegnano dunque delle coreografie i cui limiti ed accenti sono predeterminati.

Questi limiti dettati dalla cultura rappresentano, appunto, quella forza antinomica citata in precedenza che mira sì a far sopravvivere la seduzione ma attenuandone la forza, smorzando la sua possibile pericolosità, gestendo quell’ambivalenza che è propria della seduzione stessa: da un lato “portare a sé, attrarre” dall’altro “portare fuori strada, ingannare”.

Ma è proprio questa modalità antinomica di organizzare la seduzione che si è attenuata nel tempo, conducendo a quella che Lipovetsky ha denominato come “seduzione assoluta”.

Nella società Occidentale odierna, infatti, le consuetudini della tradizione sono andate sempre più a destrutturarsi e, di conseguenza, i costumi si sono sempre più liberalizzati, frammentando quel contenitore simbolico che precedentemente li delimitava.

Assistiamo oggi ad una seduzione iper-connessa, in cui i nuovi incontri amorosi o sessuali possono avere luogo con una facilità estrema, grazie anche ai siti e alle applicazioni di incontri. Le coordinate sociali che determinavano le possibilità di movimento sono andate sempre più a sciogliersi e spetta dunque al singolo porsi da solo i propri limiti e determinare da solo che musica vuole ballare.

In definitiva, il discorso sociale non recita più “costringere, ordinare, disciplinare o reprimere” quanto invece “piacere e colpire”.

Lipovetsky mette però in guardia da una lettura semplicistica e polarizzata del fenomeno. “Gli spiriti pessimistici e nostalgici di un passato mitizzato deplorano la nostra epoca, la sua oscenità pornografica, (…) l’eclissi della cultura sentimentale. Se tutto ciò innegabilmente esiste non è giustificato invece parlare di una crescente desentimentalizzazione”, di una morte del desiderio di relazione, di una volontà puramente consumistica del rapporto, della caduta del discorso amoroso.

Al contrario, entrare in relazione rappresenta oggi, in un contesto iper-liberalizzato, come ieri e forse più, un tema caldo e problematico che crea spesso spaesamento, insoddisfazione e malessere, proprio perché il discorso amoroso non è caduto ma fatica a trovare un terreno fertile su cui attecchire ed a concretizzarsi in una forma definita.

“C’è una parte importante della cultura galante che continua ad alimentare il nostro essere nel mondo, anche se magari si è liberata delle sue forme più codificate”.

Ma, come afferma l’autore, la pregnanza del discorso seduttivo è lungi dal relegarsi al solo ambito amoroso e relazionale: al contrario, le operazioni di seduzione sono divenute ormai egemoniche, tentacolari, votate all’innovazione permanente, e si sono infiltrate in ogni ambito del vivere sociale.

La seduzione ha assunto oggi lo statuto di quello che Foucault chiamava dispositivo e, cioè, si è ristrutturata come un insieme coerente e organizzato di tecniche discorsive e concrete di gestione e governo che informano, influenzano e dirigono strategicamente le condotte degli individui.

“Viviamo in un’epoca in cui i processi di seduzione hanno acquisito un’importanza sociale, una centralità, una potenza, che struttura la vita collettiva e individuale in modo totalmente nuovo. Il principio di seduzione si impone come una logica onnipresente e trans-settoriale poiché ha il potere di riorganizzare il funzionamento delle sfere dominanti della vita sociale e di riorganizzare da cima a fondo, i modi di vivere e le modalità di coesistenza degli individui”.

Meccanismi di seduzione alla base del capitalismo odierno, e in esso massivamente presenti, sono, ad esempio, le strategie adoperate dal marketing, che mirano ad ammaliare il possibile consumatore e spingerlo verso l’acquisto dell’oggetto nuovo, erotizzando il valore della merce e generando bisogni precedentemente inesistenti che alimentino il consumismo.

Allo stesso modo, anche la politica ha assunto sempre più negli ultimi anni un tono seduttivo, che punta non tanto e non necessariamente ad avvicinare l’elettorato verso una determinata ideologia politica ma piuttosto verso la persona del candidato politico.

Aumentano dunque le strategie di comunicazione che mostrano i politici come persone semplici e imperfette, che vanno a correre, che portano i figli a scuola, che fanno la spesa e partecipano a feste, e che postano i loro pensieri notturni sui social media: persone vicine al loro elettorato in quanto simili ad esso.

“Il cittadino è stato considerato come un elettore-consumatore da conquistare con immagini, discorsi e slogan emotivi “. E infatti, il comportamento degli elettori è “sempre meno un segno di identità di classe o di appartenenza socio-professionale e sempre più una scelta personale legata alla fiducia ispirata da un candidato”.

Un ultimo ambito, in cui è possibile osservare un cambiamento direzionale verso il segno della seduzione è infine quello dell’educazione.

Mentre nella prima modernità, infatti, una buona educazione implicava l’insegnamento della disciplina, dell’obbedienza e del rigore, nelle nostre società, l’accento in ambito educativo è stato spostato invece verso l’ascolto empatico delle esigenze del bambino.

Il fine, tutt’altro che disdicevole, è quello di seguire e sostenere le naturali inclinazioni di quest’ultimo perché le sue potenzialità possano raggiungere la loro piena realizzazione, invece di imbrigliare il bambino in comportamenti, costumi e destini a lui sovra-determinati.

Seppure ad un cambiamento didattico-formativo di questo tipo non è possibile dare un giudizio univocamente negativo, è anche vero che il sistema educativo edonistico e liberale oggi vincente non può ritenersi anch’esso privo di rischi e di difetti.

L’ideale del sostegno allo sviluppo del bambino infatti spesse volte si concretizza in un paradossale tentativo di saturarne tutte le esigenze, eliminando ogni forma di frustrazione ed amplificando invece le occasioni di piacere.

In questo modo, le istituzioni e le figure parentali si trasformano in operatori seduttivi, in promotori cioè di uno stato omogeneo di piacere e di felicità, che non conosce lavoro, fatica e frustrazione e che di conseguenza non forma alla gestione di quest’ultima.

Il rischio è quello di dimenticarsi della necessità del bambino di ricevere non solo stimoli ma anche dei limiti simbolici dal contesto socio-culturale di appartenenza, e anche, e soprattutto, al fine di realizzare le proprie potenzialità.

Per questi e altri punti critici propri della contemporaneità, a partire dalla metà del XX secolo la società della seduzione industrializzata è stata oggetto di feroci critiche. “I pensatori critici l’hanno accusata di attizzare l’egoismo umano, di deteriorare la vita sensibile, morale e intellettuale, di creare un mondo di insignificanza e di illusioni, di uniformare i gusti e i pensieri in tutto il mondo”.

Anche in questo contesto, dunque, la seduzione ha continuato ad avere quella doppia anima che da sempre la attraversa, ha continuato ad essere assimilata ad un’azione malefica, ad un’attività profondamente nefasta che dietro a belle facciate nasconde insidie e pericolosità.

“Conformemente alla tradizione critica, solo il negativo merita considerazioni e viene considerato come la verità del presente, come se i dispositivi di seduzione non provocassero altro che pseudo-soddisfazioni e una perdita dell’autonomia individuale”.

D’altronde, sarebbe ingiusto e ingenuo considerare i guadagni positivi che la società della seduzione produce come delle semplici facciate prive di consistenza.

Al di là dei giudizi morali sulla contemporaneità, che lasciano il tempo che trovano, sarebbe più giusto invece leggere e analizzare in che modo la situazionale attuale genera, nel bene e nel male, differenti soggettività, in che modo, cioè, il contesto attuale influisce sull’economia psichica delle persone.

Gli approcci critici denunciano nella società odierna un generale impoverimento, una mutilazione del soggetto, “senza vedere che essa costituisce innanzitutto una configurazione storica produttrice di una nuova forma di individuazione e di organizzazione della soggettività”.

L’operazione da fare non è dunque di demonizzare la società della seduzione verso un’idealizzazione del passato, ma quella invece di procedere verso uno sviluppo più creativo della società della seduzione stessa, che ne limiti i suoi effetti patogeni e che permetta una maggiore sostenibilità nel lungo termine.

In definitiva, “piacere e colpire” indaga le trasformazioni sociali e culturali del mondo contemporaneo governato dall’iperconsumo e da una seduzione che si è fatta sovrana, e che cioè è uscita dall’ambito relazionale per andare a effettare l’intera organizzazione sociale.

Nella sua analisi Lipovetsky non si lascia affascinare da uno sguardo malinconico, oggi troppo spesso dominante, che vede nel passato la terra perduta, e non si ferma ad un’operazione di critica negativa e de-costruttiva dell’assetto sociale odierno.

Al contrario, con sguardo del tutto disincantato e privo di giudizi, è in grado di inquadrare la società contemporanea in senso storico, individuandone allo stesso tempo caratteristiche positive e negative.

Lipovetsky cioè non si volta a guardare ciò che del passato era meglio rispetto al presente, ma guarda invece verso il futuro, cercando di capire, in maniera realistica, la direzione da prendere per poter andare avanti a partire dal punto in cui siamo ora.

 

Referenze

Lipovetsky, G. (2019). Piacere e colpire. La società della seduzione. Cortina. Milano.

In copertina: Le Colin-maillard ou la collection en jeu, Mixed media on drafting film 150 x 111 cm, Nicolas Freytag 2016.

In testo: Pastorale I (d’après Boucher), Mixed media on drafting film
158 x 176 cm (on two panels), Nicolas Freytag 2015.

In testo: L’Escarpolette ou l’implacable pantomime, Mixed media on drafting film 122 x 168 cm, Nicolas Freytag 2016.

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Sofia Sacchetti
Sono psicologa abilitata in Lombardia, ed esercito la professione come libero professionista. Mi sono laureata in Psicologia Clinica a Pavia e in Research applied to Psychopathology presso l’Università di Maastricht, unendo nella mia formazione l’amore per la pratica clinica e la spinta verso la ricerca. La mia principale area di studio sono i disordini alimentari, tematica che ho incontrato e approfondito in tesi magistrale, sotto la guida del professor Massimo Recalcati, e durante diversi tirocini: in Olanda, con il team di Anita Jansen, e a Londra presso l’unità psicoanalitica di Peter Fonagy. Attualmente mi sto specializzando come psicoterapeuta a stampo psicoanalitico, e sto portando avanti un dottorato di ricerca sul tema della percezione del corpo nei disordini alimentari. Mi occupo di consultazioni e di interventi psicologici rivolti ad Adulti e Adolescenti. Negli ultimi anni ho svolto percorsi di supporto psicologico presso il consultorio del Women Health Information and Support Centre, e presso una Struttura Residenziale Psichiatrica Terapeutico-Riabilitativa. Ricevo privatamente a Milano, ma svolgo anche percorsi online a distanza. Per contattarmi: v.s.sacchetti@gmail.com

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