“I grandi pensieri vengono dal cuore: Educare all’ascolto” è il titolo che Eugenio Borgna ha scelto per il suo libro presente fra le novità della Raffello Cortina Editore.

Rivolgendosi in particolare alle nuove generazioni, Eugenio Borgna parla dello spirito che dovrebbe animare psicologi e psichiatri, ma anche delle possibilità di introspezione e di comunicazione che ciascuno di noi ha.

Sulla scia della intelligenza del cuore, che è medium di conoscenza e di intuizione dell’indicibile della vita, ha cercato di illustrare a studenti liceali, che nulla conoscevano della follia, cosa essa sia e in cosa realmente consista, e quanta umanità in essa sia intrisa, nella speranza che, incontrandola in vita, non abbiano a dimenticarsi dell’importanza delle parole – e degli sguardi – da utilizzare di fronte alla grande fragilità e malinconia che in essa si cela.

Gli anni del suo lavoro nella Clinica universitaria di Milano e nel manicomio di Novara gli hanno infatti insegnato l’importanza dell’utilizzo delle parole e dei silenzi quando si ha a che fare con persone portatrici di una profonda mole di sofferenza.

Muovendo dal cuore come sorgente di conoscenze, che non sono quelle razionali, Borgna cerca in questo testo di descrivere la psichiatria nella sua dimensione relazionale e fenomenologica. Si domanda se il destino della psichiatria nella sua ultima radice non sia quello di essere in dialogo senza fine con la solitudine e con la follia, nel suo mistero, e nelle sue inquietanti domande sul senso del vivere e del morire.

Lo fa utilizzando durante tutto il dialogo con il lettore il cuore come metafora, come immagine, come specchio della conoscenza emozionale, affermando: “Cuore è la parola tematica di questo mio libro che si fonda sulle braci ardenti di un seminario, tenuto anni fa in un liceo scientifico di Novara, e ora radicalmente aggiornato nelle sue scansioni narrative, e nei suoi linguaggi”.

La psichiatria, secondo l’Autore, è una disciplina che si confronta con gli arcipelaghi sconfinati delle emozioni, malate e non malate, che ne costituiscono l’area tematica elettiva.

Se nel fare psichiatria non ci immedesimiamo nella vita interiore degli altri, limitandoci piuttosto ad analizzare i loro comportamenti e non affidandoci alla conoscenza intuitiva – che quando necessario si sostituisca alla conoscenza razionale – “non coglieremo mai fino in fondo il senso del dolore e della sofferenza, della malinconia e della tristezza, dell’angoscia e della disperazione, e l’andamento fluido e talora inafferrabile delle emozioni che sono in noi, e negli altri da noi”.

Il discorso dell’Autore è anche un invito a sfuggire ai sortilegi mondani di una psichiatria che sia solo farmacologica, e a scendere nella nostra interiorità.

Intende quindi giungere a far conoscere le parole tematiche che fanno della psichiatria una scienza umana, e non solo una scienza naturale.

Borgna ci parla di come cambi il tempo – in particolare la concezione di vivere il tempo – nelle condizioni di sofferenza e di male di vivere e in particolare in quelle situazioni che si tramutano in patologia, quale fra tutte la depressione, che ne è la forma clinica più dolorosa, nella quale il tempo interiore non scorre più dal passato al futuro: non ha più futuro, e vive nel passato.

Conoscere questo è di primaria importanza se non si vuole accrescere la sofferenza di chi sta male.

Per evitare di andare incontro ad alcuni gap che possono incorrere nella cura delle malattie mentali da parte di quei professionisti che di esse si occupano, nel tentativo di promuovere il maggiore stato di benessere e di salute raggiungibili, l’Autore illustra l’essenzialità del dialogo.

Un dialogo che sia gentile e attento, insieme all’importante delle pause del dialogo, all’importanza del non verbale e soprattutto degli sguardi e dei gesti, della giusta distanza all’interno del colloquio – che non sia né troppo lontana né troppo vicina –, della primaria importanza della dignità e del rispetto delle persone che abbiamo in cura, per permettere una connessione con le loro emozioni, che, soprattutto in casi di disperazione e mancanza di speranza, divengono un po’ anche le nostre.

Non si è capaci di colloquio e di dialogo se non si sa guardare dentro di sé, scendere negli abissi della nostra interiorità, e intravedere gli orizzonti di senso che si animano negli occhi, nel sorriso e nelle lacrime delle persone con cui ci incontriamo, e in particolare di quelle che abbiamo in cura, che a loro volta scrutano ansiosamente i nostri sguardi e i nostri gesti cercando di interpretarne i significati.

Nella vita di ogni giorno non dovremmo mai dimenticare di essere in dialogo senza fine con gli altri, e con noi stessi; e ogni dialogo è nutrito di parole, ma non è facile trovare quelle che, di volta in volta, siano le più adatte ad essere portatrici di cura.

La psichiatria, fra le discipline mediche, è quella che non può non dare continua importanza alle parole: a quelle che noi diciamo, e a quelle che dicono i pazienti; ed è un compito, questo, al quale siamo tutti chiamati in ogni circostanza della nostra vita.

“Non ci sono ricette, non ci sono consigli, nel trovare queste parole, ed è necessario affidarsi alla intuizione e alla sensibilità individuali” .

Ci sono psichiatri che non le hanno e persone semplici che le hanno: sono attitudini almeno in parte innate, e dovremmo educarci a ricercarle e a farle rinascere in noi, evitando ad ogni costo quelle banali, distratte o indifferenti, nel dialogo infinito con le paure e le angosce, con le attese e le speranze dei pazienti.

Lungo tutto il testo Eugenio Borgna intinge le sue tesi di poesie, illustrandoci il triste destino di due poeti che si sono tolti la vita, l’austriaco Georg Trakl e l’italiana Antonia Pozzi, anch’essi portatori di una struggente malinconia dell’anima.

Ci illustra poi l’esempio di due sue pazienti, l’una con patologia depressiva e l’altra con schizofrenia, spingendoci a riconoscerne la ricchezza umana ed interiore.

Analizza infine il tema della pandemia, con un’accurata riflessione sui suoi risvolti di solitudine e nella sua vicinanza al tema della morte. Sia pure temporaneamente infatti, almeno nelle prime settimane della pandemia, ci  siamo sentiti tutti consegnati ad un comune destino: quello del dolore, e quello della morte.

L’autore si interroga su come possa essere stato vissuto il tempo, il tempo interiore, nei lunghi mesi di solitudine conseguenti all’epidemia di coronavirus.

Ciascuno di noi lo avrà vissuto a suo modo, certo, ma in ogni condizione di solitudine, e in particolare in quella imposta dalle circostanze, il tempo non scorre con la fluidità e la rapidità che ci sono nella vita normale, ma con la lentezza che si ha ad esempio nella noia.

Sicuramente non è stato facile riempire di senso giornate sempre uguali se non siamo stati capaci di essere in dialogo con noi stessi nell’attesa e nella speranza.

Il cuore per Borgna nel corso della pandemia è stato la premessa a gesti di indicibile generosità, che medici e non medici hanno saputo fare, salvando vite umane, e sacrificando la propria, “lasciando indelebili tracce luminose nella memoria vissuta”.

Si chiede poi cosa si salverà in noi, nella nostra memoria e nel nostro cuore, nella nostra vita pratica, di questi mesi di infinito dolore dell’anima e del corpo.

La speranza è quella che ne nascano motivi di riflessione sulle nostre fragilità, sui nostri limiti, sulla mancanza di sicurezze, ma anche sui grandi valori di solidarietà, e di comunione, testimoniati da medici e da infermieri, da sacerdoti e da volontari, da persone semplici e coraggiose.

La psichiatria per l’Autore è anche questo: decifrare i segni del tempo del coronavirus, le sue angosce e le sue tristezze, le sue attese e le sue speranze, nella comprensione delle sofferenze dell’anima, e del corpo, che si sono manifestate in questi mesi con una intensità e un’incandescenza finora sconosciute.

L’insegnamento finale che Borgna ci lascia è il seguente: “Ciascuno di noi dovrebbe crescere in generosità e umiltà, in fiducia e in idealità, in carità e in comunione di destino, e ritrovare slanci di speranza in orizzonti di vita aperti al dialogo e all’ascolto”.

Un libro denso, breve ma intenso, che arriva dritto alle corde del cuore.

Avendo già letto dello stesso Autore il testo “Essere e tempo”, non potevo che confermare nuovamente la grandezza poetica di uno psichiatra che intende indagare (e di fatto ha indagato) fenomenologicamente l’aspetto esistenziale dei suoi pazienti.

Consigliato a chi ama libri che si leggono d’un fiato, e a chi è alla ricerca di notevoli insegnamenti ed accrescimenti interiori.

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