Che cosa spinge la nostra mente ad essere ostile? Cosa ci porta verso il pregiudizio e quali sono gli effetti sulla vita sociale?

Nella storia sono impressi diversi esempi di battaglie combattute verso interi gruppi. Si tratta di guerre fatte di armi terribili quali pregiudizi e intolleranze, aggressività, discriminazione. Spesso infatti l’odio collettivo sceglie bersagli precisi, ma non per questo colpevoli di qualcosa.

Da cosa dipende tutto questo? È possibile attribuire una natura ostile alla nostra mente? E perché allora le neuroscienze descrivono anche menti empatiche?

Milena Santerini, professoressa di Pedagogia a Milano e dal 2020 coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, analizza in un saggio appena uscito, tutto il male a cui possiamo arrivare come esseri umani.

La mente ostile, in edizioni Cortina Editore, indaga questo fenomeno e conduce verso una comprensione profonda dei meccanismi dell’odio.

(Scheda del libro: https://www.raffaellocortina.it/scheda-ebook/milena-santerini/la-mente-ostile-9788832853506-3481.html)

L’obiettivo è quello di comprendere le connessioni tra emozioni e ragione e aiutare a capire se è possibile individuare delle costanti dell’odio. In questo modo ci rendiamo conto di quanto la violenza non sia inevitabile, ma legata a un disimpegno morale che può essere contrastato.

Dobbiamo scegliere di essere consapevoli, per prevenire e non cadere nelle trappole delle politiche dell’odio.

Santerini ci guida verso una riflessione importane: la nostra mente è geneticamente predisposta sia all’odio che all’empatia. Con un intento che vuole essere sia informativo che educativo, ci propone nuove consapevolezze sulla storia passata e attuale e interrogativi continui sulla società, sull’educazione e su noi stessi.

Vorrei raccontarvi la lettura di questo saggio attraverso gli effetti che ha prodotto su di me e ripercorrendo alcune delle domande che mi sono posta:

1 – IL NOSTRO CERVELLO È FATTO PER ODIARE?

L’odio sembra una realtà dominante nella storia dell’umanità e nel mondo globale, diviso e polarizzato. Il noi si contrappone a un loro, percepito non come singoli individui, ma come un gruppo nemico verso cui si nutre pregiudizio e intolleranza

L’odio ha un’origine evolutiva, legata al nostro istinto di sopravvivenza. Il male si ripete da tempo nella storia.

Il bisogno di creare distinzioni tra gruppi (il noi dal loro), ha inoltre a che fare con il rafforzamento dell’identità di appartenenza e con la semplificazione della complessità del mondo.

Si tratta di un meccanismo innato che potrebbe far pensare che l’odio, l’aggressività, il pregiudizio siano praticamente inevitabili. Questo giustificherebbe il ripetersi delle distruzioni e degli stermini verso interi popoli o gruppi.

Ma, ci ricorda Santerini, il genere umano possiede anche una naturale predisposizione all’empatia, al sentire intimamente l’altro/a.

Perché allora l’odio sembra una realtà dominante?

Il nostro cervello è dotato di estrema plasticità e ciò che viene ereditato non è una sentenza, non è inevitabile. I meccanismi geneticamente ereditati possono essere alimentati o spenti e molto dipende dal sistema educativo e culturale in cui siamo inseriti.

È importante che la cultura e l’educazione disincentivino la tendenza a distinguere il loro dal noi, promuovendo il valore positivo del concetto di diversità. Ciò sarebbe utile ad evitare che un’ informazione inadeguata possa alimentare ostilità, violenza, discriminazione e pregiudizio.

Questo ci porta a riflettere su un secondo grande interrogativo: esistono culture e ideologie dell’odio?

2 – MENTI O SISTEMI EDUCATIVI CHE ODIANO? STORIE DI IDEOLOGIE DELL’ODIO

Pensiamo al nazismo. In molti ci saremmo chiesti come sia potuto accadere qualcosa di così terribile nella storia dell’umanità.

Ricordo ancora le sensazioni che ho provato durante una visita scolastica al campo di Dachau. Troppe le domande difficili e le riflessioni che hanno invaso la mia mente.

“Per molti giovani soldati il nazismo era diventato un modo di essere e l’esistenza di un concetto universale di moralità che abbracciava tutti gli esseri umani apparteneva ad un mondo arcaico”

Santerini riporta queste parole di Alon Confino tratte da Un mondo senza ebrei. Parole che fanno comprendere il ruolo di un sistema educativo, in questo caso politico, nel condizionare il pensiero delle giovani generazioni. Gli effetti dell’educazione nazista e del suo carattere totalitario sono un esempio chiaro di quanto la cultura possa influire sulla nostra mente.

Si tratta di vere e proprie ideologie dell’odio, diffuse attraverso sistemi di propaganda capaci di far leva su alcuni aspetti innati della mente, attraverso anche il legame con progetti “scientifici”, politici e economici. Le persone allora si comportano mettendo in atto delle azioni apparentemente giuste, ma che probabilmente non riescono a giustificare a sé stesse. Ma come è possibile?

I messaggi di odio hanno il potere di generare nella mente l’idea di un capro espiatorio. La storia, inoltre, ci insegna che l’accumulo di elementi di tensione, può innescare comportamenti aggressivi e violenti. Si tratta di meccanismi che funzionano benissimo in sistemi totalitari.

E nelle società democratiche? Possiamo sentirci al sicuro? Ecco il terzo grande interrogativo.

3 – PUÒ CAPITARE ANCORA?

Come scrive Santerini, l’odio può crescere anche nelle società democratiche attuali.

“Uno dei rischi maggiori viene dall’essere immersi in una politica, permeata dalla logica delle folle, che non raramente utilizza i processi emozionali per rafforzare ostilità e conflitti”

Questa citazione è ripresa da un testo di Le Bon e rende evidente come le propagande di odio possano far leva su alcuni meccanismi psicologici, capaci di alimentare aggressività e violenza:

  • sollevano aspetti emotivi anziché razionali e di consapevolezza
  • si rivolgono alle folle anziché sul pensiero del singolo individuo

4 – L’ODIO È SEMPRE VISIBILE?

Nella storia sono stati e sono molti i gruppi di minoranze perseguitati e utilizzati come capro espiatorio di un male covato dalla collettività.

Oggi siamo parte di un flusso continuo di informazioni, messaggi, immagini. La tecnologia rende certamente tutto più accessibile ma permette, talvolta, anche di rinforzare barriere comunicative che non aiutano a cogliere le reali intenzioni che si celano all’interno di una conversazione. Risulta quindi più difficile riconoscere il discorso di odio, oggi chiamato hate speech.

Così, le varie forme di discriminazione e intolleranza sono espresse senza grandi clamori, tra un post e una fotografia su un social qualunque…

CONCLUSIONI

Le varie forme dell’odio cambiano continuamente: il razzismo da biologico è diventato anche culturale e cambierà ancora. Come si può contrastare questa tendenza?

Questo libro ci porta a riflettere su una questione importante: l’odio non è connaturato nella mente umana ma nei meccanismi di potere e di supremazia. Occorre essere vigili e impegnarsi quotidianamente a contrastare le comunicazioni di odio e il disimpegno morale.

Un testo per tutti, questo. Il suo linguaggio semplice e il suo intento educativo lo rendono comprensibile e accessibile a tutti. Si rivolge in modo particolare a chi ha un interesse per l’umano, a chi vuole analizzare le radici storiche di pregiudizi ancora diffusi.

Lo consiglierei anche a chi, come me, ha delle domande senza risposta e a chi non vuole girarsi dall’altra parte di fronte a notizie di violenza, come quelle che arrivano in questi giorni nelle nostre case.

BIBLIOGRAFIA

  • A. Confino, Un mondo senza ebrei, Mondadori, Milano 2017, p. 228G.
  • G. Le Bon, Psicologia delle folle, tr. it. Shake Edizioni, Milano 2019 (1895)

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