C’era una volta, tanto tempo fa…

Potremmo iniziare così a parlare dell’ultimo libro di Joseph LeDoux, neurologo salito alla ribalta per i libri editi Raffaello Cortina con cui ci ha spiegato i meccanismi cerebrali delle emozioni in genere (vedi “Il cervello emotivo”) e dell’ansia nello specifico (vedi il suo “Ansia”, del 2016).

C’era una volta, dicevamo….un minuscolo sgorbio. Un esserino unicellulare, che oltre a sguazzare dentro qualche disgustoso brodo primordiale, fu anche il primo essere vivente. E che, ricordiamo, è anche il nostro tris-tris-tris-alla milionesima-avolo.

Perché se tutti siamo più o meno consapevoli di discendere dalle scimmie, possiamo sempre dirci che in fondo quelle sono intelligenti, mica come i parameci. E invece no: veniamo da quello sgorbio. E rivalutiamo il paramecio.

Una volta c’era lui, ma oggi ci siete voi che forse avete acquistato il libro di LeDoux alla ricerca delle ultime rivelazioni sulla coscienza, come ho fatto io, preda della mia personalissima perversione (che forse è anche vostra, dato che state leggendo questa recensione).

E poi lo avete aperto, avete dato un’occhiata all’indice e vi siete accorti che prima di parlare di cervello umano e di coscienza dovrete schiopparvi la bellezza di 223 pagine infarcite di protisti, batteri, spugne, muschi e licheni, riproduzione asessuata e sessuata: scoprirete che parlando di spugne la cosa è molto meno stuzzicante di quanto la parola “sessuata” lascerebbe intendere.

La buona notizia? Potete saltare tutte queste pagine a piè pari, perché il libro di LeDoux è facilmente consultabile zompettando qua e là con la leggerezza dei primi invertebrati terrestri, ma potreste anche decidere di non farlo.

Una scoperta: i nostri insignificanti e viscidi antenati, raccontati dall’autore, si lasciano leggere. Le Doux ce li narra in modo chiaro e lineare. La scrittura è pensata per chi, come me, ha le stesse competenze biologiche dell’antenato marsupiale dei canguri e potreste sorprendervi di quanto facilmente sarete stati in grado di lasciarvi alle spalle il Cambriano ed il Giurassico.

Una volta arrivati al cervello umano, oltre a empatizzare con quel vostro antenato che coriacemente riuscì a sopravvivere al meteorite che distrusse i dinosauri, vi sarete armati dell’umiliante consapevolezza di quanto avete in comune con tutti i vostri progenitori. Non solo le trofie al pesto che faceva nonna, ma un’intera pletora di meccanismi e risposte più o meno automatiche che ci rendono, in fondo in fondo, degni eredi pluricellulari di quello sgorbio di cui sopra.

Ma LeDoux non si ferma qui: prova anche a farci capire quanto lo studio dell’uomo debba fare affidamento su una serie di concetti che non possiamo usare per parlare degli animali. Sebbene ci piaccia pensare che il nostro cane/gatto possa sentirsi in colpa, felice, affezionato o “giù di corda”, tutte queste parole sono, per l’appunto, parole.

Frutto di un cervello in grado di pensare con le parole; di percepire con le parole; di narrare.

Detto altrimenti, sebbene lo spettacolo di un leopardo che corre libero nella savana possa sembrarci più esteticamente interessante di un adolescente brufoloso intento a vergare “Giuly T.V.T.B.” alla fermata dell’autobus, quest’ultimo sta utilizzando le stesse aree cerebrali che ha usato LeDoux per scrivere il suo libro, che il leopardo non possiede. Ai posteri l’ardua sentenza.

E la coscienza? Secondo l’autore ne esistono di due tipi: coscienza noetica (la coscienza della percezione di Giuly) e coscienza autonoetica (percepisco me che percepisco Giuly): delle due, i nostri irsuti compagni di pianeta possederebbero solo la prima: la seconda, sfortunatamente, tocca solo a noi. Se non ci percepissimo padroni o carenti di qualcosa, come faremmo a desiderare l’ultimo I-phone? Bella fortuna.

Le emozioni sono quindi, nella teoria di LeDoux, una proprietà emergente della coscienza, del linguaggio e del ragionamento razionale, tanto quanto la piccantezza del gorgonzola emerge dal latte, dal caglio e da una simpatica muffa anch’essa, guardacaso, nostra parente alla lontana.

Non esistono senza coscienza: per avere paura di perdere il cellulare devo avere la possibilità di sentirmi, di sapere che sto provando qualcosa e di sapere che sto provando qualcosa di diverso di quando me ne regalano uno nuovo.

Dopodichè: LeDoux ci fa da guida alpina attraverso una storia che, vista nel suo insieme, è davvero straordinaria. La storia di come una manciata di proteine di DNA si sia evoluta attraverso centinaia di migliaia di generazioni in foreste e centri commerciali, stormi di rondini e biblioteche universitarie.

Non si può non rimanerne ammirati e anche un po’ sorpresi. Osservando il dispiegarsi della vita nelle ere geologiche, potremmo addirittura, dimenticando quel po’ di noi stessi che ci rende a volte grandi ma spesso miserabili, sentirci in dovere di provare rispetto per quella storia di cui non solo siamo protagonisti ma anche, e sempre più spesso, autori. Sta a noi trovare il modo di non rovinarla.

Riferimenti Bibliografici

LeDoux, J. (2014). Il cervello emotivo. Milano: Baldini e Castoldi.

LeDoux, J. (2016). Ansia. Milano: Raffaello Cortina Editore.

LeDoux, J. (2020). Lunga storia di noi stessi. Come il cervello è diventato cosciente. Milano: Raffaello Cortina Editore.

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