La scrittura è una mia grande passione, il mio strumento. Durante questo anno di pandemia ho sentito il bisogno di intraprendere un percorso formativo, che mi ha portato a conoscerne un aspetto nuovo. Oggi sono più consapevole non solo della mia storia, ma anche del fatto che la scrittura, come ogni mezzo creativo, può essere un vero atto terapeutico. Di fronte a questa espressione in molti storceranno il naso, ma il mio vuole essere un invito a volgere lo sguardo in una direzione nuova.

Ogni atto creativo porta in sé la possibilità di esprimere il nostro mondo interno e dà avvio a un processo di cambiamento che rappresenta una forma di cura. Ma quali sono le peculiarità della scrittura? Perché può davvero essere “terapeutica”? E di che tipo di scrittura sto parlando?

Andiamo per ordine. In questo articolo cercherò di muovermi tra l’esperienza personale e le parole di autori importanti, in un cammino che non sarà sicuramente esaustivo ma, spero, fonte di domande e riflessioni nuove.

1- La mia esperienza: il metodo Scarpante

“Con la mia autobiografia ho assaggiato il terreno della clinica perché la mia analisi mi ha condotto verso l’autoterapia: all’introiezione di una nuova e maggiore fiducia in me stessa. […] La scrittura di sé quindi rappresenta un’opportunità e un’occasione evolutiva.”

(Sonia Scarpante, Non avere paura. Conoscersi per curarsi)

Quando mi sono imbattuta in un percorso organizzato dalla scrittrice Sonia Scarpante[1] ero alla ricerca di qualcosa. Scrivo da molto tempo ma sentivo aria di novità.

Si tratta di un cammino autobiografico, riconosciuto e depositato come Metodo Scarpante, in cui la scrittrice facilita il gruppo in un processo di condivisione e di scavo interiore. Attraverso un insieme di lettere dedicate e scritti su temi simbolici (come il viaggio, la casa), si è chiamati a ripercorrere le radici della propria storia fino ad arrivare ad un nuovo significato, un nuovo senso.

In una sua pubblicazione si legge: “Con la scrittura abbiamo la possibilità di sciogliere molte resistenze, anche le più dense, quelle refrattarie ad ogni trattamento. […] Nulla risulta essere così efficace e di sostegno alla persona sofferente come il riconoscere sul volto degli altri le paure e le emozioni trasmesse dalla propria voce. Gli stati d’animo negativi rivissuti dal soggetto, che si racconta oralmente, cominciano a perdere, riga dopo riga, una parte dell’ansia che li caratterizza […]”.

(Da: Parole Evolute. Esperienze e tecniche di scrittura terapeutica, Sonia Scarpante)

Con quale esigenza ha a che fare allora la scrittura di sé? Elaborazione, condivisione, catarsi, riconoscimento, espressione di sé? E da dove arriva questo bisogno?

2- Sul bisogno dell’uomo di narrarsi

La nostra identità personale e il nostro concetto del Sé vengono acquisiti tramite luso della struttura narrativa, e la concezione della nostra esistenza come un unico insieme è compiuta per mezzo della comprensione della nostra vita come espressione di ununica storia che si svela e si sviluppa”.

(Da: La ricerca del significato, Jerome Bruner)

La ricerca del proprio senso è alla base del metodo Scarpante. Le parole della scrittrice sono piene di forza e mi riconducono a qualcosa che so, che conosco.

È stato Jerome Bruner, uno dei fondatori dell’attuale Psicologia Culturale, ad analizzare l’arte del narrare come una delle forme di comunicazione più antiche.

La struttura narrativa permette all’uomo di organizzare la realtà, senza perdersi nella molteplicità dell’esperienza. Essa discende direttamente dalla cultura in cui siamo immersi e permette di attribuire significati.

Noi esseri umani abbiamo bisogno di dare senso e possiamo farlo attraverso un processo creativo, simbolico. Questo processo narrativo ci permette di strutturare le conoscenze e dare forma al nostro Sé, alla nostra identità.

Nel testo La ricerca del significato, l’autore sostiene che, con l’autobiografia, il Sè del protagonista può osservare sé stesso al contempo nel “qui ed ora” e nel “là ed allora”. Il protagonista si fonde col narratore ed emergono presupposti e significati nuovi: la persona, insomma, si riscopre.

Nella ricostruzione della propria storia si ritrovano gli elementi trasmessi dalla cultura e dalla famiglia, i significati, i simboli, versioni narrative di conflitti avvenuti. Si riscopre infine quella dimensione intima, affettiva, profonda che possiamo chiamare “vero Sè”.

Bruner ci permette di capire molto sul bisogno dell’uomo di narrare e ri-narrare la propria storia alla ricerca forse di quel senso di cui Sonia parla all’interno dei suoi percorsi.

Ma chi ci dice che questo sia davvero un bene?

Il processo di scavo interiore proposto con la scrittura equivale a un qualsiasi sfogo?

Ciò che di più simile c’è ad una risposta a queste domande (e che probabilmente evocherà ancora altre domande) sarà la guida per proseguire nel resto dell’articolo.

Il potere di scrivere di sé: Pennebacker e le sue ricerche

C’è qualcosa di simile nel metodo proposto da Sonia Scarpante e quello della Scrittura espressiva, descritto per la prima volta nel 1986 in un documento scientifico. Si tratta di una tecnica, elaborata da Jemes Pennebacker che consiste nello scrivere di esperienze personali significative e dolorose per tre o quattro giorni consecutivi per un tempo di circa 15/20 minuti.

Non si tratta di un semplice diario ma di una tecnica di scrittura essenziale che aiuta le persone a comprendere e gestire i disordini emotivi della loro vita.

La pubblicazione di questo metodo innovativo fu seguita da moltissime studi che trattano proprio dell’efficacia della scrittura di sé e del suo legame con la salute.

Gli studi di Pennebacker e altri autori mostrarono alcuni risultati interessanti:

  • Il periodo subito successivo alla stesura della propria storia veniva seguito da uno stato di sconvolgimento emotivo;
  • Il gruppo sperimentale che partecipava al metodo richiedeva in seguito meno controlli medici rispetto a quello di controllo. Questo ultimo effetto non svaniva subito dopo ma si protraeva per mesi;
  • Si riscontravano cambiamenti nei processi fisiologici di base: c’era un’influenza evidente sul sistema immunitario, sul sistema nervoso autonomo, su alcuni aspetti sociali e sui ritmi del sonno.

Quale poteva essere e qual è la connessione tra scrittura di eventi traumatici e questa cascata di eventi a livello biologico?

Dopo la pubblicazione dei primi studi, Pennebacker iniziò una collaborazione con i coniugi Glaser, immunologi e pionieri della psico-neuro-immunologia[2]. L’indagine si focalizzava su come gli stati mentali e le emozioni possono avere una ricaduta sulle condizioni di salute.

Secondo questi studi gli eventi sconvolgenti vanno ad influenzare in senso negativo le funzioni immunitarie, con una ricaduta su molti altri aspetti della salute. Unendo le differenti prospettive e competenze lo psicologo inglese e i due medici della Ohio State University College of Medicine verificarono gli effetti della scrittura.

Le scoperte mostravano come ciò che era accaduto ai partecipanti sul piano fisico non derivava soltanto da una sorta di “catarsi”, di liberazione come potrebbe accadere raccontando o lamentandosi con un amico.

In effetti le persone, dopo aver liberato le emozioni negative, si sentivano molto peggio ma iniziavano ad avere una maggiore comprensione di sé, di ciò che avevano provato, dei significati attribuiti all’evento. Questo ultimo aspetto era legato al benessere riscontrato poi nelle ore e nei mesi successivi.

Queste osservazioni ci rivelano una grande verità: connettersi con sé, con i propri pensieri e sentimenti più intimi può aiutarci a stare meglio. Così come riscoprire i significati ci libera da una gabbia di pensieri che tende a perpetuarsi se non riusciamo a guardarla in modo diverso.

Numerosi altri studi sono stati compiuti in seguito, ma non posso riportarli tutti. Molti studiosi hanno cercato di valutare l’effetto della scrittura espressiva in vari campi della salute, soprattutto relativamente alle malattie croniche come asma, colon irritabile, artrite, diabete ma anche HIV, tumori.

È risultato evidente che, non solo scrivere delle proprie esperienze aiuta a gestire l’emotività e a riscoprire gli eventi in modo diverso, ma è importante per non prestare attenzione in modo ossessivo sulla malattia e sul dolore.

Questo influisce direttamente sulla percezione del proprio stato di salute, sulla ruminazione continua. Venire a patti con i propri sconvolgimenti emotivi aiuta a interrompere il ciclo di preoccupazioni e di segreti in cui spesso tendiamo a sprofondare.

3 – Conclusioni: scrittura, salute e possibili applicazioni del metodo Scarpante

Nelle prime due sezioni di questo scritto, ho cercato di far emergere la stretta connessione tra salute e scrittura. L’essere umano è uno stretto intreccio di mente, corpo e significati. Ciò che difiniamo Sè discende direttamente da quello che accade nella nostra vita, al nostro corpo e dal modo in cui connettiamo gli eventi con un senso.

Ciò che rende difficile elaborare gli eventi di vita è talvolta la tendenza a nasconderli. Manteniamo dei segreti per timore di essere giudicati o non accolti e questo condiziona il nostro stato di salute.

Il segreto è spesso la base di tutto il malessere, nascondere ciò che proviamo è una fatica indicibile, anche sul piano fisico. Spesso è proprio questo che influisce sulla salute, mina la nostra capacità di pensare ed anche per questo la scrittura e la condivisione possono essere curative.

La scrittura ci consente di ri-narrare il passato che inizia ad apparire come modificabile, come afferma Sonia Scarpante. Riesaminando ciò che è stato abbiamo la possibilità di riscoprire gli eventi con un occhio adulto, o anche solo cresciuto.

Nel momento in cui condividiamo ci sentiamo accolti, compresi in un clima di non giudizio.

Questo metodo ha trovato ampie applicazioni in contesti di salute quali l’ospedale, l’affiancamento delle donne con una diagnosi di tumore al seno, il carcere. Si mostra efficace oggi, nel corso di una pandemia e di eventi che dobbiamo necessariamente trovare il modo di riscrivere per non rimanerne schiacciati.

E, concluderei dicendo che si mostra efficace ogni volta che il corpo o la mente danno segnali che “c’è bisogno di prendersi cura di Sè”.

Il metodo di Sonia è innovativo e sempre più persone lo stanno conoscendo, sperimentando, applicando. Spero di poter dare il mio contributo e di poterlo integrare nel mio cammino come psicologa perché la scrittura è il mio strumento, la mia terza mano, l’occhio che vede quello che non è visibile.

BIBLIOGRAFIA e APPROFONDIMENTI

Bruner J., (1992). La ricerca del significato: per una psicologia culturale. Bollati Boringhieri Editore. Torino.

Bruner J., (1983). Alla ricerca della mente. Autobiografia intellettuale. Armando Editore. Roma

Pennebacker J.W. & Smith J., (2016). Il potere della scrittura. Tecniche Nuove Sia. Milano

Scarpante S., (2003). Lettere a un interlocutore reale. Il mio senso. Meleusine. Milano

Scarpante S., (2016). Non avere paura: conoscersi per curarsi. CreateSpace Independent Publishing

Scarpante S., (2015). Parole evolute: esperienze e tecniche di scrittura terapeutica.  Sampognaro e Pupi Edizioni. Siracusa

Scarpante S. & Zinzani M., (2018). L’ultima stanza. Gruppo Albatros il Filo. Roma


[1] Scrittrice, formatrice e poetessa, presidente dell’Associazione “La cura di Sé” e membro del comitato direttivo dell’Associazione Odon (www.odon.it)

[2] la PNEI o anche psico-neuro-endocrino-immunologia promuove lo studio dell’organismo umano nella sua totalità e nel suo fondamentale rapporto con l’ambiente. Questi studi hanno portato a innovazioni nella visione olistica della cura, nella ricerca scientifica e nell’analisi delle connessioni mente-corpo.

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