In un nostro articolo precedente abbiamo parlato di quanto il contatto con la natura possa incrementare il nostro benessere e innescare processi di salutogenesi (vedi Benessere e natura: una connessione evolutiva).

Esiste ad oggi una vera e propria terapia che faccia ricorso alla natura?

Se siamo qui a parlarne, probabilmente sì.

La Montagnaterapia è “un originale approccio metodologico a carattere terapeutico-riabilitativo e/o socio-educativo, finalizzato alla prevenzione secondaria, alla cura ed alla riabilitazione degli individui portatori di differenti problematiche, patologie o disabilità […]”.

(G. Scoppola et al., 2007)

I progetti di Montagnaterapia sono nati in Italia alla fine degli anni ’80 come semplici attività ricreative proposte a persone affette da diverse problematiche, sia fisiche che psicologiche.

Attraverso queste esperienze, gli operatori sanitari si sono accorti ben presto che i pazienti trovavano grande giovamento dal contatto con la natura al di fuori dell’ambiente istituzionalizzato.

Dalla diffusione di queste iniziative, hanno preso avvio numerose collaborazioni a livello territoriale tra enti e associazioni sanitarie e il Club Alpino Italiano (CAI) che proponevano agli utenti di tali servizi delle attività di alpinismo, arrampicata ed escursionismo.

Nel 1999, in occasione dell’incontro “Montagna e solidarietà: esperienze a confronto”, è stato per la prima volta utilizzato in un articolo il termine “Montagnaterapia”, proprio per sottolineare il potere trasformativo della montagna.

Il principio di base della Montagnaterapia è che la persona deve essere considerata sempre in relazione al contesto in cui vive. Ciò significa che l’ambiente, naturale e artificiale, in cui è immersa diventa elemento fondamentale sia per la sua salute che per la sua malattia.

“La Montagnaterapia […] utilizza controllate sessioni di lavoro a carattere psicofisico e psicosociale (con forte valenza relazionale ed emozionale), che mirano a favorire un incremento della salute e del benessere generale e, conseguentemente, un miglioramento della qualità della vita.”

(G. Scoppola et al., 2007)

I progetti di Montagnaterapia coinvolgono diverse figure: le guide CAI, in qualità di esperti dell’ambiente montano e delle attività ad esso inerenti; i professionisti della salute (medici, infermieri, educatori, assistenti sociali, psicologi e psicoterapeuti), come esperti degli interventi di prevenzione, educazione e riabilitazione psicofisica.

Infine, gli utenti a cui è dedicato il progetto: persone di tutte le fasce di età e con caratteristiche socio-demografiche diverse, poiché uno dei fondamenti di questi progetti è che LA MONTAGNA È PER TUTTI.

Tra le aree di intervento in cui la Montagnaterapia può essere applicata, è possibile individuare: le dipendenze, i disturbi psichiatrici, i disturbi del comportamento alimentare, le disabilità motorie, sensoriali e intellettive, il disagio sociale e alcune patologie mediche.

All’interno del documento redatto al termine del III Convegno di Montagnaterapia, sono stati definiti alcuni degli obiettivi di intervento di questa disciplina:

socializzazione: è noto come l’esperienza di gruppo, oltre che la dimensione ambientale, può promuovere il potenziamento delle capacità di adattamento alle regole del vivere comune, la collaborazione, la costruzione di nuove relazioni significative e di un legame di fiducia reciproca;

integrazione sociale: attraverso il coinvolgimento di enti e associazioni territoriali è possibile favorire l’integrazione con il contesto di vita della persona, superare lo stigma rispetto alla malattia e sensibilizzare sulla dimensione ecologica e di tutela dell’ambiente;

corporeità: con la sperimentazione di attività come l’escursionismo, l’arrampicata o l’alpinismo è possibile favorire i processi di apprendimento esperienziale che hanno come protagonista il corpo e la sua integrazione con la mente. In questo senso, è possibile stimolare un recupero della consapevolezza corporea, migliorare la salute fisica, le capacità di equilibrio e di coordinazione;

controllo emotivo: sviluppare e potenziare le capacità di regolazione emotiva, attraverso la gestione della frustrazione e dell’insuccesso. Imparare a mantenere la calma anche in situazioni di stress, di ansia e di fatica psicofisica, evitando reazioni impulsive;

potenziamento cognitivo: incrementare le abilità di attenzione e concentrazione, la memoria procedurale e l’orientamento;

identità personale: aumentare la conoscenza di sé, delle proprie risorse e limiti; elaborare alcuni passaggi della propria storia di vita; favorire un pensiero orientato al risultato, apprendere come prefigurarsi degli obiettivi e quali strategie impiegare per raggiungerli, accrescendo così l’autostima e la fiducia personale.

Quale valore aggiunto potrebbe avere oggi la Montagnaterapia?

L’arrivo del Covid-19 ha molto limitato le nostre libertà personali e le nostre relazioni. Ci sottopone ad un forte stress, ansia e paura. Ci obbliga a ripensare al valore della nostra salute psicofisica e all’importanza di vivere attivamente il corpo in cui la nostra mente abita.

I lockdown ci hanno costretti ad accontentarci di guardare il mondo dalla finestra, senza poter assaporare tutte le sensazioni che possiamo vivere immergendoci in esso.

La creazione del Ministero per la transizione ecologica ha reso evidente la necessità di trovare un nuovo modo di abitare questo pianeta e di vivere in sintonia con esso.

La natura ci offre gratuitamente il suo potere terapeutico, sta a noi imparare a valorizzarlo.

La Montagnaterapia potrebbe essere un’occasione per farlo, un’occasione per poter tornare a respirare.

 “La montagna non è solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio tempo e misura.”

Dal libro “Le otto montagne” di Paolo Cognetti

BIBLIOGRAFIA

  • La Montagnaterapia nel Club Alpino Italiano. Indicazioni operative (CAI, 2020).
  • III Convegno Nazionale di Montagnaterapia. Rieti, 2012.
  • II Convegno Nazionale di Montagnaterapia. Pomezia, 2009.
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Serena Carpo
Sono Serena (di nome, di fatto ci provo). La scelta di diventare psicologa è nata dalla mia curiosità verso la straordinarietà della mente umana e dall’incapacità di rassegnarmi all’idea che la sofferenza sia qualcosa di inutile. Mi sono laureata in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Il mio futuro professionale è un work in progress. Il tirocinio presso la neuropsichiatria infantile dell’ASL della mia zona (un paese lacustre del Piemonte) ha fatto nascere in me il germe di un progetto: rendere il diritto alla salute, fisica e mentale, un bene accessibile e di qualità. Svolgo un’attività di volontariato che, oltre a costituire un grande arricchimento umano, considero come un vero osservatorio dei bisogni del territorio e un’ottima palestra di ascolto. Conosco la lingua dei segni (LIS), amo scrivere, disegnare e pensare in modo creativo. Credo in diverse cose, tra cui una psicologia vicina alla persona, che abbia il rigore della ricerca e la veridicità della clinica, che sia un lavoro fatto con passione e che non si dimentichi di essere a servizio dell’altro. Contatti: s.carpo@hotmail.com

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